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Il nuovo ruolo, i colpi Zirkzee e Calafiori, Motta e l'EuroBologna: parla Di Vaio

ESCLUSIVA TMW - Il nuovo ruolo, i colpi Zirkzee e Calafiori, Motta e l'EuroBologna: parla Di VaioTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
venerdì 24 novembre 2023, 09:00Serie A
di Dimitri Conti

Dall'estate del 2022 il Bologna ha vissuto una rivoluzione tecnica: dentro Sartori come responsabile dell'area tecnica e promozione da caposcout a direttore sportivo per Marco Di Vaio, nel frattempo diventato una sorta di uomo-immagine del club e della città. Lo abbiamo intervistato in esclusiva: “Ormai mi sento un bolognese acquisito. Sono 15 anni, questo è il sedicesimo, che vivo qui con la mia famiglia, se non per un piccolo passaggio a Montreal. La città ci ha adottati, ci sentiamo bolognesi e ci sentiamo a casa. Quando tutti mi davano per finito, a 32 anni, mi hanno dato una seconda chance e per questo sarò sempre grato. Mi hanno fatto tornare a vivere emozioni che non provavo più, sono diventato il capitano, è stato un percorso meraviglioso e in cui abbiamo costruito amicizie, una nuova vita. Eravamo dei vagabondi, io e mia moglie, come capita spesso ai calciatori, a Bologna ho messo le radici”.

Montreal è stata una tappa importante nel rapporto con l’attuale proprietà.
“Con Saputo sono stato calciatore, venne qui con l’allora ds del Montreal a parlarmi del suo progetto per entrare in MLS nel 2012, ero il primo Designated Player della loro storia nei progetti. Non ero troppo convinto, immaginavo di finire la carriera da capitano a Bologna, ma lui mi ha trasmesso serenità, facendomi sentire importante. La mia famiglia si è sentita protetta dalla sua presenza. Così ho capito molto dell’uomo e della persona, gli ho dato tanta fiducia per quanto raccontava e una volta a Montreal l’ho riscontrato. Esperienza meravigliosa, sia calcistica che di vita, abbiamo tutti aperto la mente andando in un posto completamente diverso. E poi caso e fortuna hanno voluto che entrasse nel Bologna, prima in parte e poi con l’acquisizione completa. Così mi ha dato la possibilità di iniziare una nuova avventura”.

Magari ha messo lei una buona parola su Bologna?
“Lui sapeva cosa rappresentassi io a Bologna e che poteva metter dentro chi potesse identificare l’idea sua e del club”.

Più bello o difficile fare il ds?
“Difficilissimo prima che bello (ride, ndr). Il risultato della domenica ti rasserena, quello è il bello… Scherzi a parte è un ruolo complicato: avendo lavorato accanto a tanti direttori ho potuto capire a quante cose devi stare attento, quanto contano i rapporti e la preparazione, la visione dei giocatori. Ho studiato e sto studiando molto”.

Com’è lavorare con un direttore come Sartori?
“Per me è una fortuna, così come lo è stato aver lavorato vicino a Sabatini, Corvino, Bigon. Questi hanno scritto la storia del ruolo in Italia. Con Giovanni c’è una metodologia diversa, mi ha fatto scoprire un nuovo approccio. Io sono come lui, legato alla visione live, in questo ci siamo trovati subito. Prima facevo il responsabile scouting… Lavorare con lui è un’esperienza importante, attiva. Soprattutto sulla parte straniera, parlare le lingue e mantenere rapporti con gli agenti. Cercando di non lasciare niente al caso”.

Nello spogliatoio o in dirigenza c’è qualcuno che sogna l’Europa?
“La storia ci insegna che un club come il nostro deve approfittare delle difficoltà dei grandi club. Il divario, purtroppo, è molto grande rispetto alle prime sei-sette del campionato. Da noi sta avvenendo un processo di acquisizione di forza di un gruppo nuovo e fatto di giovani, che è cambiato radicalmente e si sta formando su basi positive. I ragazzi si rendono conto che possono dar fastidio, che sono forti e possono dire la loro. Grazie alla guida di un allenatore giovane ma dalle idee molto chiare: c’è molto potenziale e voglia di dimostrare la propria forza, di confrontarsi e capire cosa si può dire contro le grandi. Per cullare altri sogni ci vuole la seconda parte del campionato: trovare continuità è difficile. A Firenze non meritavamo di perdere, per esempio, ma purtroppo gli episodi sono fondamentali. Manteniamoci e proviamo a crescere, per consolidare la mentalità servono risultati, esperienze e tempo”.

Lei che ci ha giocato contro, pensava che Motta sarebbe diventato un allenatore così? A che punto è il rinnovo?
“Me l’auguravo, quando abbiamo deciso di portarlo qui sapevamo del lavoro che aveva fatto a La Spezia e in parte a Genova. Conoscevamo il suo potenziale e speravamo lo esprimesse da noi in maniera definitiva. Da noi ha dato un’identità alla squadra, con carattere e determinazione, grazie allo staff e assieme al club. Durante l’estate abbiamo lavorato per dargli giocatori più vicini alle sue idee, cercando di mantenere chi lo scorso aveva fatto meglio con lui. Il tutto seguendo le sue indicazioni. Ha un grande potenziale e questo ci dà la volontà di andare avanti. L’abbiamo già spiegato a lui e al suo agente, in questo momento lui preferisce pensare al quotidiano ma sapere che si trova bene ci basta per programmare il prossimo futuro. Vogliamo andare avanti anche oltre la fine del campionato”.

Quanto è stato difficile per lui subentrare a Mihajlovic? E per voi esonerarlo?
“Il momento più difficile e tragico della mia esperienza post-calcio giocato. Noi abbiamo vissuto tutti insieme la sua malattia, sono stato uno dei primi all’inizio a sapere della sua malattia. Ne ho visto la caduta, la risalita e purtroppo la ricaduta. Ancora non riesco a crederci… In quel momento comunicargli che andavamo su un’altra strada è stato complicato, ma l’abbiamo trattato come voleva. Da allenatore, non da malato. Questo era il rispetto che ci eravamo dati finora e per noi eravamo arrivati alla fine del rapporto, la squadra non rispondeva più agli stimoli. A malincuore, lo dico, perché saremmo andati avanti con lui a vita. Il mondo calcistico si è indignato, ma senza conoscere le condizioni. Sono stati avanzati giudizi superficiali, senza conoscere come stavano le cose all’interno. C’è chi ha aperto la bocca per dare fiato”.

Quanto le manca Mihajlovic?
“Tanto. L’ho vissuto in due momenti, sia da calciatore che da dirigente, siamo stati tanto tempo insieme e con lui e la sua famiglia avevo e ho un rapporto importante. Ripeto, stento a crederci ancora oggi, per tutto quanto rappresentava. Ho vissuto anche una crisi personale, ti fai troppe domande… Non è stato e non è tuttora semplice”.

Un’intuizione felice si chiama Zirkzee. C’è chi lo vorrebbe più prolifico, gli ha dato qualche suggerimento?
“Parliamo spesso, già l’anno scorso fui io ad andare a parlare con lui quando lo volevamo prendere. C’era ancora Sinisa, l’idea di giocare con le due punte e il 3-5-2. Poi dopo un mese è arrivato Motta e siamo passati al 4-3-3, con Arnautovic ha giocato meno. All’inizio per lui è stato complicato, mentalmente non era semplice competere con Arnautovic ma quando Marko è partito Joshua ha fatto il salto di qualità. Da ogni punto di vista: determinazione, lavoro, professionalità. Ha mostrato un grande spirito, come quando giocava all’Anderlecht e andavamo a vederlo. Uno dei primi consigli che gli ho dato è di prendere un numero importante, ha preso il 9. Agli attaccanti si chiede concretezza, Joshua è diverso ma mi piace la sua attitudine e arriverà a fare i gol necessari. Poi oltre a quelli già mette dentro tanta altra roba. E ricordiamo che è un 2001, io alla sua età non avevo determinate certezze. Arrivano col tempo, quelle. Sta mettendo in campo tutte le energie fisiche e mentali per fare al meglio”.

Tranquillizziamo i tifosi per gennaio?
“Non pensiamo assolutamente di cederlo. I rumors servono a poco, lui deve continuare a lavorare e a giocare, a crescere e dare continuità aiutando i propri compagni. Quando inizi a diventare punto di riferimento serve l’aiuto anche nelle difficoltà. Procediamo, tutti insieme e rendiamo concreto e costante il potenziale”.

Calafiori l’avete preso come difensore centrale o come terzino sinistro?
“Volevamo già prenderlo l’estate prima (2022, ndr) poi però aveva problematiche al ginocchio e le difficoltà avute al Genoa non ci lasciavano tranquilli. Poi seguendo il Basilea per Ndoye, tantissime volte, abbiamo visto che durante la stagione è cresciuto. Nel finale ha fatto pure il centrale, sia a tre che a quattro. Nel finale di mercato si è creata l’opportunità e l’abbiamo preso proprio per il doppio ruolo. Dietro a Lucumi e volendo anche da terzino sinistro, suo ruolo naturale. L’infortunio a Lucumi ha accelerato tutto, Riccardo si è fatto trovare pronto e ha fatto prestazioni importanti da centrale. Ha questo vantaggio e ne siamo contenti”.

Può giocare nell’Italia di Spalletti?
“Dipende da lui. Non ci sono tantissimi centrali in questo momento, deve crescere perché ha solo sette-otto partite in quel ruolo ma se continua così…”.

Il vostro mercato profuma di Europa, avete fatto tanti acquisti dalla Conference League.
“Noi andiamo ovunque, Giovanni (Sartori, ndr) cerca di coprire più partite possibili, soprattutto sul palcoscenico internazionale dove si trovano risposte anche a livello caratteriale e si giocano partite di tipo differente. Una risposta in Europa ti dice di più, è una coppa che seguiamo volentieri”.

Uno di questi giocatori, acquisto di copertina, è Karlsson. C’erano altre squadre italiane? Perché sta vivendo queste difficoltà attuali?
“C’erano tanti interessi, da anni. Con l’AZ aveva dei numeri confermati anche in Europa e un giocatore così genera interesse. C’è bisogno che si adatti al campionato e all’idea dell’allenatore, ma troverà le risposte nel suo percorso perché è un ragazzo applicato. Ha voglia di crescere e imparare, con la testa ben aperta e fare lo step successivo. Di quello abbiamo parlato quando doveva venire qui, sapeva di avere tanta competizione sulle fasce, per volontà nostra e dell’allenatore e che nonostante i soldi spesi trovava una concorrenza importante. Diamogli tempo, ora purtroppo si è fatto male ma ha voglia di emergere”.

Ma non potrebbe diventare magari un centravanti?
“No, difficile, non vedo certe caratteristiche mentali. Ora ha bisogno di giocare nel suo posto, quello di attaccante esterno a sinistra. Per entrare nei meccanismi gli servono certezze. Poi magari potrà pensare a Mertens che ci ha smentiti tutti ma al massimo lo vedo da 10, sotto punta”.

Orsolini è ormai il vostro leader.
“Fa gol belli, ha senso della porta e ogni anno porta a casa numeri. L’ho visto molto cresciuto dopo la firma del nuovo contratto, come se nella sua testa avesse assunto una posizione diversa nel gruppo. Sta crescendo molto sotto la guida di Motta: sa finalizzare bene, nella fase di costruzione può fare meglio, soprattutto per fare uno step successivo e andare in un top club. Per quello dovrebbe abbinare con intensità le due fasi, quest’anno stava dando segnali. Peccato si sia fatto male ma è il calcio”.

Ha mandato però dei segnali d’amore verso Bologna. Ve lo immaginate con voi a lungo?
“Per noi e il nostro pubblico è già un simbolo, è un riferimento della gente. Un ragazzo positivo e allegro, in un gruppo porta tanto ed è riconosciuto. Siamo molto contenti che continui con noi”.

Ferguson, Posch, Lucumi: temete di perdere qualcuno a gennaio?
“Ferguson non si muove e su questo siamo tutti d’accordo. Lui, come Posch, sono troppo importanti per noi. Ma in realtà la forza di questa squadra è avere tanti giocatori di livello quasi pari, vogliamo mantenere alto il livello sia dall’inizio che a partita in corso. Posch è stato una grande sorpresa l’anno scorso, non credo alle dichiarazioni che vengono riportate dalle nazionali, finiscono per essere sempre travisate. Era contento di rimanere con noi quando l’abbiamo riscattato, sa che deve confermarsi e non è facile. Parliamo di un giocatore internazionale e siamo contenti sia qui, fa parte del nostro DNA, uno di quelli scovati e pagati poco per il potenziale che hanno. Sta rispondendo, è un ragazzo sereno e professionale, ama questo club e noi abbiamo bisogno di lui per crescere”.

Qualche telefonata sta arrivando?
“No, abbiamo i telefoni staccati (ride, ndr)”.

Che Bologna dobbiamo aspettarci, in entrata, nel mercato di gennaio?
“Siamo pronti, se capiamo che ci sono occasioni che migliorino la squadra ci pensiamo. Ad oggi il gruppo ci dice che è omogeneo ed ha una percentuale di crescita, vedremo cosa ci offrirà il mercato. Qualche idea ce l’abbiamo, ma ne parleremo più avanti col mister. Ci prepariamo per gennaio, valutazioni ulteriori ce le darà il campo da qui a gennaio, semmai”.

Una di queste idee è Wlodarczyk?
“Nomi non se ne fanno mai…”.

Chiusura su Juventus-Inter: saranno loro a lottare per lo Scudetto?
“L’Inter ha un grande potenziale. Lo scorso anno hanno fatto un’annata incredibile, mostrando un bel calcio sotto la guida di Inzaghi. Ricordo poi quello prima, lo Scudetto perso proprio qui… Ma è un percorso che li sta consacrando, ha una squadra interessante e fatta di grandi giocatori. La Juve rappresenta bene il pensiero per cui l’importante è vincere, l’allenatore lo incarna. La squadra ha una base caratteriale che può farli lottare fino alla fine per la vittoria del campionato. Il loro è un percorso netto, nell’interpretazione dei rispettivi e differenti credi. La Juve senza coppe magari potrà conservare qualche energia… Domenica penso sarà una bella partita”.

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