Marotta: "Il mio culmine l'ho raggiunto alla Juve. San Siro? Bisogna abbatterlo per forza"
Intervenuto all'executive master "Management dello Sport" organizzato dalla Rcs Academy Business School, Giuseppe Marotta, presidente dell'Inter, ha parlato anche del calcio di oggi, come riporta gazzetta.it: "Lo sport senza sostenibilità non avrebbe senso di esistere, il modello del mecenatismo non esiste più. Poi le società sono diventate Srl, con concetti giuridici diversi. Codice penale, civile e di giustizia sportiva a cui rendere conto. Anche l’organigramma è cambiato, con parvenze di società 'classiche' e non più sportive. Sono entrate competenze industriali, finanziarie. Prima l’obiettivo era il traguardo sportivo costasse quel che costasse, oggi la sostenibilità porta a rispettare prima gli equilibri finanziari. Il concetto di passione però resta. Anche quello relativo alla cultura del lavoro, che mi ha portato ad imparare tutto quello che so. Ma c’è tanta ignoranza, alcuni direttori sportivi fanno confusione persino sul concetto di ammortamento... Io ho appreso molto da Sergio Marchionne, ad di Exor anche se con la Juventus non c'entrava niente. Lui era fautore della politica del cambiamento. Il leader è coraggioso, perseverante, deve ascoltare. Il mio culmine personale l’ho raggiunto alla Juve: avevo quasi 60 anni e una padronanza massima delle mie capacità professionali".
Ci parli infine del tema stadio.
"Per i vecchi romantici, pensare all’abbattimento di San Siro porta amarezza e nostalgia. Io stesso, per la prima volta, ci sono entrato nel 1966… È stato un contenitore di enormi emozioni. Ma così non si tiene conto dell’innovazione, che passa anche dal concetto di modernità. Bisogna rispettare i criteri che devono essere presenti all’interno di uno stadio: sicurezza, che non c’è, accoglienza, per poter stare allo stadio tutto il giorno con intrattenimento di ogni genere, e senso di appartenenza. Avere una propria casa. Non era immaginabile una ristrutturazione, e così si è arrivati all’abbattimento. Ma bisogna farlo per forza. Lo stadio nuovo porta benefici diretti e indiretti, non avere più una cattedrale nel deserto, ma un punto di riferimento anche in settimana, dare vita ad attività sociali. Noi oggi siamo fanalini di coda. Incassiamo 80 milioni l’anno dai matchday, l’obiettivo del Real è superare mezzo miliardo".











