Braglia: "Solo il Vicenza può perdere il campionato. Cosenza? Sbagliano club e tifosi"
Piero Braglia, decano delle panchine di Serie C, è intervenuto ai microfoni di TMW Radio all'interno della trasmissione 'A Tutta C' per analizzare il momento della terza serie del calcio italiano:
Mister siamo a 90 minuti dalla fine del girone d’andata. Che idea si è fatto di questa prima parte di stagione della Serie C?
"Il Vicenza sta dominando il proprio girone, mentre negli altri c’è grande equilibrio. È un campionato ancora tutto da scrivere, anche perché a gennaio ci sarà un mercato lungo un mese che può cambiare completamente gli equilibri. Le squadre in difficoltà faranno quattro o cinque innesti e tutto può ribaltarsi. In Serie C non bisogna mai dare nulla per scontato: io stesso ho perso un campionato con un grande vantaggio. Qui può succedere di tutto".
Vicenza protagonista anche lo scorso anno di una grande rimonta. Union Brescia, Lecco o Cittadella possono pensare di recuperare un gap simile?
"Io ho perso un campionato ad Alessandria quando la Cremonese ci arrivò sotto e subentrò la paura. A Vicenza però vedo un bravo allenatore, una società forte e una proprietà solida. Spero che per loro sia l’anno giusto. Brescia, Lecco e Cittadella sono squadre importanti e ben costruite, ma penso che, a meno che non se lo buttino via, il Vicenza possa perdere il campionato solo per colpa propria".
Guardando i tre gironi, sembra esserci una spaccatura tra squadre di livello superiore e il resto. È d’accordo?
"In questo momento la classifica dice questo, ma ora arriva il mercato e bisogna vedere come reagiscono le società e come cambiano gli equilibri. Io ho sempre detto che i campionati si vincono da gennaio in poi. Prima è tutto bello, poi arrivano le difficoltà vere. Nel Girone C, ad esempio, c’è il Cerignola che sta andando forte: l’anno scorso era vicino a vincere il campionato. Gli equilibri sono ancora tutti da scoprire".
I playoff possono ancora cambiare tutto, come accadde nel suo storico successo con il Cosenza.
"Esatto, noi partimmo addirittura dal primo turno. La svolta fu la pesante sconfitta contro il Rende che ci costrinse a cercare soluzioni diverse. Trovammo giocatori come Okereke e Tutino, e turno dopo turno cambiava tutto: gli occhi, la convinzione, la voglia di fare il salto. A quel punto diventò tutto più semplice".
Le fa male vedere il Cosenza con le curve chiuse e senza tifo?
"Tantissimo. Come si fa a disperdere un simile calore? Ai nostri tempi c’erano sempre 10-15 mila tifosi. Qui stanno sbagliando tutti: la proprietà e i tifosi. Devono sedersi a un tavolo, chiarirsi anche duramente, ma farla finita. Così si danneggia solo la squadra, che invece potrebbe lottare per la Serie B. Giocare in una cattedrale nel deserto non ha senso".
Cosenza può ancora dire la sua grazie ai playoff?
"Assolutamente sì. È un altro campionato. Con qualche innesto a gennaio può competere fino alla fine e anche vincerli. Proprio per questo buttare via una stagione così sarebbe assurdo".
È il primo girone d’andata della Serie C con la tecnologia. Qual è la sua opinione?
"Non si può stare sette o otto minuti per decidere un’azione con una sola telecamera. Così si toglie istintività al calcio. Anche gli assistenti ormai aspettano la comunicazione prima di alzare la bandierina. O si mettono più telecamere, almeno nelle aree, oppure così diventa un paradosso. Inoltre si rischiano anche infortuni, soprattutto d’inverno, con i giocatori fermi troppo a lungo".
Cosa pensa del progetto delle seconde squadre?
"Io continuo a non capirne l’utilità. È diventato un modo per fare plusvalenze, non per crescere giocatori per la Nazionale. In Serie C servono piazze vere, con storia e pubblico. Una volta c’era il torneo riserve, il De Martino: lì capivi davvero se un ragazzo era pronto. Qui invece molti giovani vengono catapultati in C senza capire dove sono capitati".
Si parla spesso di riforma della Serie C e del numero delle squadre. Dov’è il vero problema?
"Il problema non sono solo le 60 squadre, ma i controlli. Gli stessi personaggi che fanno fallire club continuano a girare. Bisognerebbe verificare seriamente se una proprietà ha le reali potenzialità per sostenere una squadra. Un campionato di Serie C si può fare anche con un milione di euro, ma servono persone serie. Questo è il vero nodo".











