Marani: “Ridurre i club? Ragioniamo su tutto, Lucchese al quarto fallimento in pochi anni”

Matteo Marani, presidente di Lega Pro, ha parlato in occasione del panel “Le leghe calcistiche a confronto” organizzato nell’ambito del programma del Festival della Serie A a Parma: “La stima reciproca tra noi, l’armonia tra i rapporti, è fondamentale per lavorare insieme. Spero e auspico in un gruppo di lavoro più ampio, con tutte le persone delle leghe che collaborino tra loro. Arriveremo ad un momento in cui tutti insieme, senza divisioni, dovremo tirarci su le maniche e capire in che direzione andare. Spesso i problemi delle tre categorie son stati analizzati come unici per ciascuna, in realtà sono i medesimi per tutti, ovviamente nei vari livelli e nei vari gradi. Dal tema finanziario, all’impiantistica, ogni anno accompagnare le squadre dilettantistiche a livello professionistico è complicato. E poi soprattutto c’è un tema calcistico e sportivo, con dei talenti che devono crescere, dobbiamo ricostruire tante cose, dai settori giovanili alla gestione degli arbitri”.
La sostenibilità è raggiungibile?
“C’è un tema strutturale, siamo in una situazione che non segue i principi della normale impresa. Nessun’industria avrebbe mai degli stipendi al 100% di quello che è il fatturato, non è ipotizzabile: questo avviene per ovvie ragioni, emotive anzitutto. Un imprenditore, se interviene sulla propria azienda, non ha contestazioni o pressioni mediatiche. Nel calcio, a ogni aumento di ricavi è corrisposto un aumento dei costi. Oggi è immorale che siano solo le società ad affrontare la crisi: se si retrocede si retrocede tutti, è un tema di onestà intellettuale”.
Ridurre il numero di società aiuterebbe?
“Non amo le battaglie di retroguardia, ho un modo laico e kantiano di guardare alle cose. Noi abbiamo dato disponibilità a ragionare, in primo luogo al presidente federale: siamo parte di un sistema, e c’è anche la componente dei calciatori. Spesso si riduce tutto alle 60 della Serie C: noi siamo aperti a tutto, anni fa la Serie C era formata da 120 società e spesso non ce la facevano. Una società, che purtroppo è tema di cronaca in questi giorni, è al quarto fallimento in 14 anni (la Lucchese, ndr). Dobbiamo ragionare sul sistema, sugli imprenditori che mettono tutti soldi. Ragioniamo su tutto, però dobbiamo prima capire come rendere tutto sostenibile: non vorrei che si riduce la C e poi abbiamo sempre un rapporto squilibrato tra emolumenti e fatturato”.
E l’abrogazione del divieto di pubblicità al betting?
“Io penso che la politica possa fare moltissimo per il calcio. A volte c’è un peccato originale del calcio, che spesso si rende poco presentabile e concentra volgarità che fanno scontare un prezzo peggiore rispetto a come siamo messi. Sarà importante la sfida degli impianti, gli Europei saranno un grande volano: siamo un Paese strano, in cui aspettiamo i grandi eventi per fare gli stadi. Aiutare gli investitori a puntare sul calcio sarebbe fondamentale, si torna sempre alla razionalità: bisogna avere la forza, penso alle società più strutturate, di inquadrare la parte sportiva nel giusto alveo. È importante, ma non è l’unica cosa che conta”.
Perché la riforma Zola?
“Ho ragionato con Gianfranco di pensare a qualcosa che potesse aiutare il calcio, è andato a parlare con tutti i club, a prendere spunti e numeri. Siamo riusciti a creare questa riforma che darà la possibilità di sapere crescere i giovani del futuro: la prima è per una questione economica, i giovani costano meno. La seconda è romantica, credo che dobbiamo riavvicinare i giovani al calcio: stasera c’è una partita importantissima e non ho visto tutto l’interesse che mi sarei atteso. Bisogna che il movimento riparta”.
