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Banin, dal calcio all'immobiliare: "Aiuto gli imprenditori dall’estero a investire in Italia"

ESCLUSIVA TMW - Banin, dal calcio all'immobiliare: "Aiuto gli imprenditori dall’estero a investire in Italia"
mercoledì 15 dicembre 2021, 19:42Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Tal Banin è stato l'apripista del calcio israeliano in Italia. Il primo a calcare i campi della Serie A: 81 presenze dal 1997 al 2000, conoscendo la delusione della retrocessione e contribuendo alla risalita nel massimo campionato. Un'esperienza che gli è rimasta nel cuore, tanto da definirsi bresciano adottivo. E che lo ha portato a un post-carriera che gli permette di mantenere i contatti con il nostro Paese. Grazie anche alla sua popolarità, che fa di lui un brand in Israele, Banin oggi è a tutti gli effetti un imprenditore, aiutando società israeliane e non solo a investire da noi. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita:

Cosa fa oggi Tal Banin?
"Qualche anno fa in Israele ho conosciuto Lorenzo Cuozzo, persona con la quale ho stretto amicizia e abbiamo deciso di lavorare insieme. Da tre anni operiamo principalmente nel settore immobiliare, con la società che si chiama Itres Group (Italian Real Estate Service). Operiamo in tre nazioni: Italia, Israele ed Emirati Arabi, precisamente Dubai".

Sei riuscito a creare un ponte tra il tuo paese natio e quello adottivo
"Ai tempi in cui giocavo ho avuto la fortuna di conoscere tanti imprenditori israeliani. Noi facciamo da mediatori, c'è molta richiesta di gruppi di un certo livello disposta a investire fuori da Israele e noi ci attiviamo per accontentarli. In Italia poi negli ultimi anni sono spuntate tante occasioni d'investimento. Nel nostro caso parliamo di immobili prettamente residenziali e ricettivi. Sono felice di poter lavorare anche in Italia perché è un paese in cui ho tanti amici, molti nel mondo del calcio. Ancora oggi ascolto musica italiana, guardo i film in italiano".

Siete solo mediatori o anche investitori?
"Dipende dall' affare ma principalmente operiamo da mediatori valutando anche rientro in operazioni come soci".

Come fate a conciliare il business in tre nazioni diverse?
"Abbiamo sede giuridica in Israele. E poi uffici "mobili" tra Italia e Dubai. Lavorando come property finders dove c'è richiesta ci spostiamo, ma non abbiamo una sede fissa in quel caso".

Il calcio è un capitolo chiuso?
"Mi chiamano ogni tanto, offrendomi una panchina. Ma io voglio crescere nel mondo immobiliare. Inoltre ho altri progetti in cantiere, come quello di entrare nel mondo della canapa medica, a mio avviso un settore interessante. Forse tornerò nel calcio, magari allenando i giovani. Adesso sono fuori".

Dopo la tua esperienza di calciatore hai allenato per diversi anni. L'ultima esperienza due anni fa
"Ero a Nazareth, città araba e per me, ebreo, è stata un'esperienza fortemente voluta, mi dava entusiasmo. Purtroppo ho trovato qualche difficoltà perché dopo che hai provato l'esperienza della Serie A italiana ti rendi conto che il calcio israeliano ha qualche problema a livello organizzativo. Per rendere l'idea mi dicevano che ero troppo professionale per il calcio israeliano. Insomma, manca la mentalità".

È un motivo per il quale Israele non è mai riuscito a qualificarsi per un Mondiale o un Europeo?
"Ci sono i talenti, ma devi allevarli bene. I calciatori israeliani che arrivano nei maggiori campionati europei trovano difficoltà, proprio perché manca da noi la mentalità. Per cui io dico che un buon israeliano devi prenderlo a 14-15 anni e formarlo, altrimenti rischia di essere troppo tardi".

Da noi sono arrivati quest'anno Dor Peretz e Suf Podgoreanu
"Con Podgoreanu parlo stesso, gli sto vicino per fargli capire come funziona. È giovanissimo e ha la possibilità di fare molto bene".

Che ricordi hai dell'Italia?
"Sono rimasto in contatto sempre con tanta gente che era a Brescia in quei tre anni: il magazziniere Mauro, Edoardo Piovani, il figlio di Gino Corioni, Fabio. Ma anche con Adani, Hubner, Filippo Galli, i gemelli Filippini, Kozminski. Per me era era un onore giocare con loro, anche con Pirlo sono ogni tanto in contatto. Mio figlio è cresciuto con lui e io ho sempre seguito la sua carriera. Per me è un grande orgoglio esser stato suo compagno di squadra. Seguo il Brescia anche da lontano, sono sempre un ultras del Brescia e tornerò quanto prima a vedere una partita al Rigamonti".

© Riproduzione riservata
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