Italia, La Russa non fa marcia indietro su Gattuso: "Lo sostengo ma per me i simboli sono altri"

Per parlare della scelta della Nazionale di affidare la panchina a Gennaro Gattuso ha parlato a La Gazzetta dello Sport il presidente del Senato Ignazio La Russa: "È stato scelto Gattuso e allora viva Gattuso! È una scelta che io rispetto e una volta fatta la sostengo e la sosterrò fino alla fine. Resto comunque dell’idea che il presidente federale Gravina sbagli nel dire che è un simbolo del calcio italiano: Gattuso è il simbolo della resilienza, ma se parliamo di pallone per me i simboli sono Totti, Rivera, Baggio, Del Piero, oppure Buffon e Zenga. Detto questo, adesso dobbiamo tutti tifare per Ringhio".
Nota un certo disamore per l’azzurro?
"Negli ultimi tempi mi pare che i calciatori non si straccino le vesti per giocare. Lo dimostra il fatto che qualcuno proponga che chi “marca visita” in Nazionale, non venga convocato la volta successiva: è un’idea che di fatto nasconde il sospetto che qualcuno manchi certi appuntamenti pur potendo partecipare. Se c’è bisogno di una sanzione vuol dire che ormai è senso comune pensare che i calciatori non amino così tanto l’azzurro".
Pensa ci sia meno attaccamento anche da parte dei tifosi?
"Temo di sì, in tanti preferiscono un buon risultato del proprio club a un’eccezionale vittoria dell’Italia. Ho un’amica, grande appassionata di calcio, che già 15 anni fa mi diceva che a lei interessava solo l’Inter e che della Nazionale non gliene fregava niente: per me era una bestemmia, perché io sono un interista sfegatato ma l’Italia viene comunque prima. Aver mancato gli ultimi due appuntamenti non ha aiutato l’affezione dei tifosi. Ma non si può continuare a sperare nello stellone, occorre adoperarsi per qualcosa di concreto. Io ho proposto di imporre ai club di schierare un certo numero di italiani nell’undici titolare o di dare un peso a chi favorisce i vivai nella suddivisione dei proventi dei diritti audiovisivi, concetto che sta sviluppando anche il ministro per lo Sport Abodi".
In questa Nazionale chi fa la differenza?
"Dimarco, Barella e Donnarumma. Tecnicamente non hanno nulla da invidiare ai campioni di qualsiasi grande squadra straniera".
Si è ripreso dalla finale di Champions?
"Certo, anche perché sono convinto che i nostri si siano fatti male la notte prima della partita e che in campo siano scesi undici figuranti scritturati per motivi di ordine pubblico. Non erano loro, non era l’Inter. Adesso c’è il Mondiale per club che sinceramente, se non ci fossero già stati accordi, avrei suggerito per prudenza di non fare. I giocatori sono stanchi, avevano bisogno di riprendere fiato prima di ripartire alla grande in campionato con Chivu. Ecco, sull’allenatore è stata fatta una scelta di continuità: conosce benissimo l’ambiente e ha allenato i giovani, un po’ come Inzaghi alla Lazio. C’è una logica che mi fa ben sperare".
