Juve, Perin: "Sono il più grande critico di me stesso. Ho pensato di smettere con il calcio"
Mattia Perin, secondo portiere della Juventus, è stato tra i protagonisti di uno degli ultimi panel di giornata al Social Football Summit in corso di svolgimento a Torino. Insieme alla mental coach Nicoletta Romanazzi, l'estremo difensore bianconero ha parlato soprattutto dell'importanza della forza mentale per un calciatore: "Ho capito quanto possa essere importante l'aspetto mentale non solo nello sport ma soprattutto nella vita quotidiana. Ho iniziato con Nicoletta Romanazzi grazie al mio agente Alessandro Lucci, stavo attraversando un periodo delicato, stavo pensando di smettere di giocare a calcio dopo tanti infortuni e non trovavo più la felicità nel giocare. Alessandro Lucci mi disse: 'Appoggio questa tua scelta, datti una possibilità e fai una chiacchierata con Nicoletta Romanazzi'. Da quel giorno è iniziato un viaggio, un sentiero. Ho imparato a conoscermi, so bene quello di cui ho bisogno, so come trovare l'equilibrio. Nicoletta riesce spesso a trovare la chiave di volta per sbloccarmi e permettermi di essere il più performante possibile nello sport e nella vita".
Ci racconti un episodio?
"Ce ne sono tanti. Quello che ci permette di raggiungere i nostri obiettivi è quanto siamo determinati a lavorare su noi stessi. Durante gli infortuni che ho avuto, le volte che credevo di meritare di giocare e non venivo messo in campo, è stato fondamentale trovare l'equilibrio, accettare la frustrazione e le emozioni che percepiamo come negative. Ho imparato che tutte le emozioni con equilibrio possono portarci sempre qualcosa di buono. Quello che ho imparato cerco di metterlo a piccole dosi nella vita dei miei figli e mi riempie di orgoglio vedere tutto questo. Ogni volta che commettevo un errore, pur di non pensare guardavo ore di documentari su qualsiasi cosa: dagli Egizi, all'arte. Adesso accetto l'errore e lo analizzo. Lo accetto e cerco di trovare la soluzione per risolverlo".
Sul ruolo del portiere?
"Io sono il mio più grande critico e il più grande fan. Ho scavato in profondità, sono arrivato ad avere un'intimità, mi conosco come non mi conosce nessun altro. Quando ti conosci così, qualsiasi critica può essere un feedback. Io so quando faccio grandi partite o quando faccio degli errori. Sui social media, prima quando giocavo bene postavo una foto e se sbagliavo no. Poi ho capito che ormai i commenti non mi toccavano più. Quello che voglio dire è che questo mi ha dato la libertà, sono libero da tutti i condizionamenti esterni. Mi trovo spesso con i compagni più giovani che magari sono giù di morale dopo i commenti e le critiche della stampa: io cerco sempre di fargli capire questa cosa. Devi fare un percorso. Mi sono meritato questa libertà dopo il percorso che ho fatto e sono molto felice di questo".
Quanto è importante il dialogo?
“La parola è una magia. Uno dei problemi della società moderna è che siamo meno empatici e dialoghiamo meno, i non detti creano frizioni, poi allontanamenti. Lo stesso vale nello spogliatoio. C'è stato un grandissimo passo indietro. Quando ho iniziato giocavo con gente del 74-75-76, ora del 2005, 2006... c'è stato un grande passo indietro dello standing umano. Adesso si fa fatica a trovare il tempo e il momento per dialogare tra noi compagni, per condividere gli stati d'animo. Anche solo, beviamo un caffè insieme. Oggi stiamo perdendo dialogo ed empatia tra di noi".
La Juve vi sostiene in questo ambito?
"La Juve mette a nostra disposizione Beppe Vercelli. Lui è un grandissimo psicologo e anche nel settore giovanile ci sono degli psicologi".
Ti senti di dare un consiglio?
"Può far la differenza essere affamati, ma non perdete la voglia di guardare le cose da diverse prospettive. Appassionatevi a più cose possibili, non rimanete mai fermi. L'importante è non rimanere fermi e fare azione. Se abbiamo la forza di muoverci arriverà sempre il premio. L'obiettivo è la ciliegina sulla torta, il trofeo è il cambiamento durante il percorso".













