Juventus, terza sconfitta in sette giorni. La pazienza è finita
A Roma arriva la terza sconfitta in una settimana e quasi si rimpiangono i cinque pareggi che le hanno precedute.
La Juve non vince dalla sfida con l'Inter e da quel momento ha cominciato a perdere, poco per volta, anche quella sicurezza che l'aveva aiutata a cominciare bene la stagione. Troppi i cambiamenti, poche le certezze anche nelle scelte un po' estremiste di Tudor che nelle ultime tre uscite, quelle da zero punti in classifica, ha mischiato radicalmente le carte senza trovare le risposte che si aspettava. Il problema più grosso resta la difficoltà realizzativa: la squadra costruisce col contagocce e non riesce ad di allungare la coperta del gioco nonostante i tentativi di modificare il numero dei difensori fino ad aggiungere un attaccante, confermando la presenza in mezzo al campo di tre centrocampisti e rimangiandosi, sotto certi aspetti, l'identità costruita a pezzi nelle prime otto settimane di questa stagione.
A forza di togliere e mettere, accorciare e poi allungare, la squadra sembra essersi un po' smarrita nella ricerca di quello che l'allenatore vorrebbe e che non riesce a trasferire con semplicità ai singoli. La squadra non è composta di campioni affermati, e per questo avrebbe tutto il diritto di maturare nel rispetto dei propri tempi (non certamente pochi mesi), ma alla Juve, si sa, quel tempo nessuno te lo potrà garantire senza adeguati risultati. E allora servirebbe che la società uscisse allo scoperto e dichiarasse quelli che sono gli obiettivi prefissati e soprattutto i tempi per raggiungerli.
Errore – Sbagliato nascondersi dietro il silenzio sistematico. L'amarezza di Tudor e dei giocatori è tangibile. Questo è il momento più delicato in cui potrebbe crollarti il mondo addosso e dove servirebbe lo scudo dei dirigenti. Non tanto per le sconfitte, quanto per il morale e per confermare la solidità del progetto, sempre che si remi tutti dalla stessa parte. L'impressione è invece del tutto opposta e si spiega con il silenzio della dirigenza che finisce per sgretolare la fiducia e la credibilità di fronte alla squadra dell'allenatore.
Contro la Lazio sono arrivate le bocciature severe per un impalpabile Cambiaso, l'evanescente Koopmeiners e l'indecifrabile David. Tre esempi che mostrano alcuni dei difetti di fabbrica della squadra a cui si sono aggiunti i limiti di una campagna acquisti “utile” e “bella” solo in teoria. Adesso arriva il difficile, contro l'Udinese e la tanto bistrattata Cremonese, dove anche solo un ulteriore scivolone porterebbe a soluzioni drastiche. Sotto processo Tudor, ma prima di lui quei dirigenti che terminata la pazienza si troverebbero nervosamente ad ammettere di aver sbagliato strategia: nella conferma dell'allenatore e nella scelta dei giocatori messi a disposizione.
E qui scatterebbero le preoccupanti similitudini con quanto capitato già un anno fa. E la faccia di Comolli, immortalata allo stadio Olimpico, ne definisce solo i nuovi contorni.











