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Matthaus, l'intervento integrale: "L'Inter, il Pallone d'Oro e lo Scudetto dei Record"

Matthaus, l'intervento integrale: "L'Inter, il Pallone d'Oro e lo Scudetto dei Record"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:08Serie A
Daniele Najjar

L'ex centrocampista dell'Inter, del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca, Lothar Matthaus, ha parlato dal palco dell'Auditorium di Santa Chiara a Trento, nel corso del Festival dello Sport 2025. Queste le sue parole raccolte da TuttoMercatoWeb.com.

Ci racconti perché hai scelto l'Inter?
"Trapattoni mi ha convinto. Non c'era solo l'Inter, ad esempio la Juventus era interessata a me, ce ne erano tantissime di squadre sulle mie tracce. Ma Trapattoni per me era quello che ha lottato davvero per avermi nella sua squadra. Con lui avevano lavorato Muller e Rummenigge e mi avevano parlato di lui ed ho deciso per questo di giocare nell'Inter".

Hai chiamato tuo figlio Milan...
"Non ci avevo minimamente pensato al calcio quando l'ho scelto (ride, n.d.r.). Non dorme con un vestito rossonero eh, mi piaceva semplicemente il nome. E preciso che gioca a calcio in una squadra con la maglia nerazzurra".

Trapattoni parlò di te paragonandoti a Maradona e Platini per l'importanza che avevano per Napoli e Juventus.
"Per prima cosa ho detto a Trapattoni che non sono Platini e Maradona, non sono un 10. E lui mi disse che lo sapeva bene. Ma mi disse anche: 'Per vincere ho bisogno di te, per quello ti ho paragonato a loro".

Cosa ci dici sui tifosi dell'Inter e sulla numero 10?
"I tifosi dell'Inter ci hanno dato un'enorme energia, erano il nostro dodicesimo uomo. Quando sono arrivato nel '98 abbiamo scritto la storia, i fan non lo dimenticano. Avere la 10 di questo club è stato speciale, perché giocavo in un periodo in cui quel numero lo avevano Platini, Zico, Maradona e questi giocatori qui. Era un onore, ma anche stressante, anche perché i tifosi dell'Inter aspettavano da troppo tempo per un altro Scudetto. Sentivo questa grande responsabilità, fiducia e passione".

Sullo Scudetto: è arrivato dopo che sono arrivati i tedeschi all'Inter. Cosa avete dato voi in più?
"Non eravamo i primi tedeschi, ma per rispondere probabilmente abbiamo portato la fiducia in noi stessi, che avevamo dal Bayern, una squadra abituata a vincere titoli. Ero fiero di arrivare per portare anche fame di vittoria. Alle volte mancava in quella squadra la fiducia per vincere, perché la vittoria mancava da troppo tempo. Ricordo una partita in particolare".

Quale?
"Una partita contro il Bologna, eravamo primi in classifica. Arrivò il capitano, Bergomi, un Campione del Mondo. Mi disse: 'Sarei felice di un pareggio visto che è un campo difficile?'. Io gli dissi di no, che non dovevamo accontentarci e che volevo vincere 4-0. Alla fine abbiamo vinto 6-0. Quindi era una squadra forte, mancava solo un po' di consapevolezza".

Quanto ti manca Andy Brehme?
"Abbiamo avuto momenti meravigliosi io e lui, ci conosciamo da sempre, abbiamo giocato insieme in Nazionale, siamo diventati Campioni del Mondo e abbiamo vinto all'Inter. Non era solo un collega e un amico, ma un fratello per me. Eravamo sempre assieme, anche nella stessa stanza. Ho passato più notti nella stessa stanza con Brehme che con mia moglie, per dire. Questa perdita continua ad essere un grandissimo dolore. Quando penso alle vittorie ottenute, mi assale una grande tristezza a sapere che non sia più con noi".

Cosa significò per te vincere il Pallone d'Oro?
"Un premio davvero equo e corretto, perché assegnato da una giuria internazionale, non dai tifosi. I tifosi del Napoli magari lo avrebbero dato a Maradona, quelli del Milan a Gullit o Van Basten. Anche per questo ero così orgoglioso di averlo vinto in una squadra straordinaria all'Inter e anche in Nazionale. Un trofeo non mio, ma di tutti: della squadra, dei tifosi. Si vince e si perde tutti insieme".

Bevevate tanta birra come da tradizione tedesca?
"Trapattoni venne da me e Andreas Brehme : capisco che voi vogliate birra, ma fate attenzione a non esagerare".

Nel campionato dei record, lo Scudetto arrivò proprio contro il Napoli di Maradona. Eravate sul pari, arriva una punizione...
"Sulla terza ripetizione di quel calcio di punizione in cui Brehme tentava di tirare gli dissi: 'Basta Andy, vado io'. Volevo far gol per regalare quella gioia ai nostri tifosi. E la palla è entrata. Per me è stato forse il calcio di punizione più importante segnato in carriera. Fu una cosa storica vincere quello Scudetto, a maggior ragione per averlo fatto proprio contro il Napoli e contro Maradona, a San Siro. Dopo tanti anni ancora se ne parla in un certo modo, infatti".

Come andò il tuo addio?
"Nel '92 ho avuto una rottura del crociato anteriore, contro il Parma. Subire questo infortunio è molto pericoloso per un calciatore e può influire sulla carriera. Sono stato operato, ma al mio ritorno vidi come stavano cambiando tante cose. Per esempio era cambiato l'allenatore. E io riflettevo sul fatto che anni prima Trapattoni aveva lottato per avermi, invece dal nuovo allenatore non ricevetti nessuna chiamata. Così come Pellegrini non si interessò alla mia situazione più di tanto. I tifosi non c'entrano: loro mi hanno sempre sostenuto. Beckenbauer mi chiamò e mi fece sentire di nuovo importante, chiamandomi in Germania".

Al Bayern rispunta Trapattoni. Davvero gli facevi da traduttore in campo?
"Trapattoni e il suo atteggiamento erano difensivo, catenaccio. Io invece volevo giocare aggressivo, attaccare e fare gol e questo ci ha procurato problemi (ride, n.d.r.). Ma alla fine siamo diventati campioni. Avevamo la miglior difesa e il miglior attacco. Insomma, lui diceva le sue cose in panchina e io in campo. Su Trapattoni posso raccontare un altro aneddoto".

Prego.
"Mi chiamò anche quando stava per andare alla Roma, mi rivoleva con lui in Italia. Io dovevo rinnovare ancora il contratto. Lui doveva diventare allenatore giallorosso, ma alla fine la Roma vinse 3-4 partite di fila e non cambiò più allenatore. Allora pensai: Trapattoni non avrà un lavoro né quest'anno, né l'anno prossimo. Allora convinsi la dirigenza del Bayern a prenderlo dicendo loro che magari poteva avere nuovi stimoli".

Hai insegnato tu a dire "Strunz" a Trapattoni?
"No (ride, n.d.r.). Si è sempre sforzato di imparare la lingua. Mi voleva come portavoce delle sue squadre, lo devo ringraziare tantissimo. Mi ha portato in Italia e mi ha insegnato molto. Ho vinto il Pallone d'Oro nel 1990 anche grazie a lui. Mi insegnò anche a usare il sinistro dicendomi: 'Hai un destro fantastico, ma hai due gambe, puoi usare anche la sinistra'. Mi fece migliorare con delle esercitazioni e scoprii quanto è importante usare i due piedi".

Trapattoni come si comportava con voi in spogliatoio?
"Pretendeva molto da sé e anche da noi. Ci ha sempre difeso anche dai media, dai giornalisti. Stava sempre dalla nostra parte. Per noi è stata una figura paterna, quello che un allenatore deve essere. Ha avuto grandi successi riuscendo a spronare i suoi giocatori a dare il meglio".

L'Inter di Chivu è meglio di quella di Inzaghi: sì o no?
"No".

L'Inter di Chivu può vincere lo Scudetto: si o no?
"Sì, la lotta Scudetto è aperta".

Nella serata di Monaco persa dall'Inter contro il PSG, hai sofferto tanto o tantissimo?
"Ho sofferto, il PSG ha meritato di vincere, ma l'Inter penso che possa sentirsi orgogliosa per come è arrivata fino a lì, con quella semifinale contro il Barcellona. L'Inter ha vissuto serate intense che altri non hanno potuto vivere".

L'Italia andrà al Mondiale: sì o no?
"Sì! Però penso che avrà bisogno dei playoff, la differenza reti sarà importante e la Norvegia è molto forte. Gattuso ha portato energia e forza, vedo una differenza da prima. Penso che alla fine ci andrà al Mondiale".

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