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Il salto dalla Serie C alla A, il passaggio in B, l'approdo all'Empoli: Lovato si racconta

Il salto dalla Serie C alla A, il passaggio in B, l'approdo all'Empoli: Lovato si racconta
Oggi alle 17:34Serie B
Claudia Marrone

Settimana di sosta per il campionato di Serie B, con le varie formazioni cadette che, approfittando della pausa Nazionali, stanno perfezionandosi ulteriormente in vista poi della ripresa. Ad aprire le porte del proprio centro sportivo, quello di Petroio, ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com, è stato l’Empoli: lunga chiacchierata con uno dei protagonisti azzurri, il difensore Matteo Lovato.

Seconda sosta nel girone di un mese, e sette giornate andate in archivio: che periodo è per l'Empoli?
"È stato un mese impegnativo quello che abbiamo trascorso, sia dal punto di vista mentale che fisico, giocare ogni tre giorni è provante, ma l'aver chiuso in bellezza ci dà un bello slancio per lavorare, ci alza il morale, ed è quello che ci serviva dopo cinque gare di alti e bassi, dove abbiamo toccato anche il picco più basso. E forse gestire le difficoltà dell'ultimo mese è stata la sfida più grande, siamo un gruppo giovane che ha meno esperienza di altri di fronte a certe situazioni, ma la risposta è stata ottimale".

Accennavi al gruppo giovane. In questi casi, quanto conta un mister come Pagliuca, che anche dell'aspetto comunicativo fa un suo punto di forza?
"Quella dell'allenatore è una figura delicata, deve esser severo ma anche seguire i singoli giocatori, e non sempre è semplice. Le difficoltà sono sempre normali, bisogna reagire e trovare soluzioni, ma come dicevo prima in un gruppo giovane non è sempre immediato".

Squadra con meno esperienza, ma pur sempre proveniente dalla A: normale quindi si creino pressioni e aspettative intorno all'Empoli. Le stesse, però, nascono forse più dall'esterno che dall'interno?
"Le pressioni positive vanno sempre bene, ed è fondamentale anche mettersele da soli, per far sì che si dia sempre quel qualcosa in più di ciò che si potrebbe, il cosiddetto 101%. La pressione deve essere quella di migliorare, di ottenere ciò per cui si lavora durante la settimana, perché solo quando si lavora bene si gestisce poi anche l'esterno, e si ottiene quello che si merita".

E cosa merita l'Empoli? Di obiettivi ne parlerete...
"L'obiettivo deve essere quello di migliorare e fare più punti possibile, oltre poi a raggiungere una certa crescita personale e di gruppo evidente, che non dire vincere sempre, perdere, pareggiare: vuol semplicemente dire dare il massimo tutti i giorni, e anche qualcosa in più, per raggiungere grandi cose. Chiudere facendo un'annata in cui questo si vede, sarà la vera vittoria".

Perché in estate hai scelto Empoli?
"L'Empoli ha la nomina di fucina di talenti, e lo è, ma non c'è solo questo. Quello che mi ha colpito è più l'idea del progetto che hanno, che valorizza i giocatori e chi ha voglia di lavorare. Qui si può crescere e migliorare sempre, in un ambiente al top".

C'è un po' di dispiacere per la mancata riconferma al Sassuolo, dopo quello che è stato fatto l'anno scorso?
"Si, è normale che dispiaccia, anche per i rapporti umani creatisi oltre il campo, ma quello che è stato fatto rimarrà per sempre, e ne sono fiero. Ora però il mio presente si chiama Empoli".

In carriera hai cambiato molte squadre, magari non sempre per tua volontà: ti piacerebbe magari fermarti per dare vita a un percorso magari di medio termine?
"Sì, ho girato molte squadre, e son state tutte esperienze formative, tutto mi è servito, ma arrivati a questo punto mi piacerebbe trovare una realtà dove consolidarmi e crescere. Chiaramente dipende poi tutto dagli obiettivi personali e da quelli del club, ma è presto per parlare di tutto ciò: pensiamo adesso a completare al meglio questo percorso in stagione".

Dalla Serie C, sei stato catapultato in A: come è stato quel momento? Il doppio salto si fa sentire.
“Dalla C alla A il salto è molto tosto, i primi due mesi li ho accusati, poi, quando iniziato a essere più simile agli altri, è arrivato il Covid che ha resettato tutto. Io venivo da una realtà strutturata per la Serie C, il Padova, ma in A lottavamo per il nono-decimo posto, e questo implicava un calcio più fisico, con uno sforzo mentale non indifferente. Ma mister Juric, come i compagni, mi hanno aiutato molto in questo senso: i primi sei mesi son stati quasi didattici, per poi fare il meglio possibile”.

In Serie B sei approdato per la prima volta l’anno scorso. Una categoria sempre più equilibrata, come la stai vedendo?
“Già dall’anno scorso ho visto che il campionato era molto equilibrato, per il Sassuolo è stato relativamente più semplice, anche se come squadra ci abbiamo messo del nostro, ma niente è mai scontato in categoria, ci sono sorprese sia in negativo che in positivo. I pronostici alla fine sono impossibile da fare, vengono sempre ribaltati, e mentre magari in Serie A ci sono quelle 8-9 squadre ingiocabili, in B c’è molto equilibrio. E i giovani possono crescere tranquillamente, sia quelli che vengono dai settori giovani che quelli che approdano dalla C”.

A proposito di Serie C, tema Under 23: non hai mai vissuto un’esperienza di Seconda Squadra, ma, da calciatori, pensi possa essere un progetto funzionale per i giovani?
“Sicuramente con le Under 23 ci si approccia al calcio vero, la Serie C è molto diversa da una Primavera, i punti valgono, c’è più competizione, giochi con pressioni, i contratti hanno un certo peso perché se retrocedi in D decadono: è un’altra situazione rispetto al calcio giovanile il mondo professionistico. E credo che possa esser funzionale per chi deve crescere”.

Innegabile però che in Italia non si sappiano aspettare i giovani: non si dà loro tempo di sbagliare per crescere, tanto che a 20 anni giocano sempre in Primavera, all’estero già i prima squadra da un paio di anni.
“Sul fatto che i giovani debbano avere il tempo di sbagliare son d’accordo, ma non è tanto un discorso di dover giocare di più quanto il fatto che un club deve rischiare qualcosa. In Italia c’è una pressione che non dà tempo di aspettare, e non tutti hanno la voglia di correre un rischio che ha conseguenze grosse: allenatori, direttori sportivi son poi i primi capri espiatori. Siamo molto figli del risultato, e la situazione è sempre molto delicata. I confini sono sottili”.

Tu sei giovane, ma alla fine non nuovo al mondo del calcio: di te, però, si sa poco. Chi è Lovato fuori dal campo?
“Quando non gioco mi piace stare con la mia famiglia, seguire in tv le mie passioni, Formula 1 e Moto GP. Tendo però a tenere forse anche troppo privata la mia vita privata, ma voglio che i riflettori siano accesi solo su quello che faccio in campo: è per quello che deve esser visto, non per il resto”.

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