Fontana: "Serie C grande vetrina, ma il progetto Seconde Squadre è borderline"
Ultimo appuntamento dell'anno con A Tutta C, il format di TMW Radio interamente dedicato al mondo della Serie C, che tornerà a partire da lunedì 2 gennaio: ospite odierno, mister Gaetano Fontana che, in attesa della giusta occasione, sta osservando con occhio attento la categoria.
E la prima nota va alla mission per i giovani: "Per la formula attuale, la C è sicuramente una vetrina ma, come tutte le strade innovative, ha bisogno di essere modificata, aggiustata e resa più efficace rispetto agli obiettivi che si pone. Il tema dell’età anagrafica è importante, perché consente a molti ragazzi di giocare con continuità, farsi vedere e crescere professionalmente e umanamente. Tuttavia, credo che la formula vada rivista, perché la vera crescita dei giovani non dipende dal numero di presenze in Serie C, ma dal lavoro che viene fatto dal basso. Se manca questo supporto, il rischio è che dopo uno o due anni di apprendistato molti ragazzi diventino delle meteore. Sono pochi quelli che riescono davvero a emergere e a costruirsi una carriera nel professionismo".
Il tema delle quote è ancora centrale nel dibattito. Qual è la sua posizione?
"È una questione che andrebbe affrontata in modo complessivo. Bisogna lottare per creare spazio ai giovani, ma a quelli che hanno il titolo per giocare, non solo l’età giusta. Altrimenti, una volta superato il limite anagrafico, molti di questi ragazzi subiscono anche contraccolpi umani molto dolorosi. È una riflessione profonda che va fatta".
Cosa le piaceva di più del progetto Serie C legato ai giovani?
"Il tentativo di andare a cercare talenti sul territorio. L’Italia è un paese ricco di talento in ogni angolo, ma spesso mancano settori giovanili all’altezza. Non si cercano i ragazzi, non si fanno crescere, non si dà loro fiducia. Se ogni società di Serie C, e anche di Serie D, combattesse questa battaglia, scopriremmo tante perle rare. E sia chiara una cosa: il danno maggiore è nella scelta degli istruttori. Non parlo di allenatori, ma di istruttori veri. Spesso, per motivi storici o di opportunità, si danno ruoli a persone che non hanno gli strumenti adeguati. I ragazzi, un domani, non ricorderanno gli istruttori per quello che hanno insegnato di calcio, ma per ciò che hanno trasmesso nella vita".
Sul tema Seconde Squadre, invece, che pensa?
"Il passaggio dalla Primavera alla Serie A è enorme, sono quasi due sport diversi, e un passaggio intermedio è necessario, tranne per i fenomeni. La formula delle Seconde Squadre, però, è borderline: alcune società sono molto strutturate, come l’Atalanta che da anni lavora bene su questo percorso, altre hanno iniziato pagando dazio. Il beneficio per le seconde squadre è evidente, perché la Serie C è una grande vetrina, ma bisogna capire quale sia il reale vantaggio per il campionato: l’obiettivo era creare corridoi di crescita per i talenti italiani. Se questo viene meno, si perde una delle ragioni principali dell’apertura alle seconde squadre. Oggi la sofferenza maggiore la vediamo nella Nazionale, che fatica a esprimere talenti di alto livello".
Passiamo al campo: nel Girone A il Vicenza sembra avere una marcia in più.
"Sta facendo una corsa a parte. Dopo due grandi delusioni nei playoff poteva esserci un contraccolpo emotivo, invece la società ha dimostrato grande forza: ha cambiato allenatore e giocatori senza smarrire la strada, anzi rafforzando il progetto. Grande merito alla proprietà e anche alla cultura della città, che ha sostenuto il club".
Nel Girone B, invece, è lotta aperta. Chi vede favorito?
"Ravenna e Arezzo stanno lottando spalla a spalla. Ma attenzione all'Ascoli: ha perso qualche punto, ma è una squadra nata in corsa dopo un cambio societario. Vedo più meriti che demeriti".











