Signorelli: "Fa male vedere il Livorno in crisi. Ma a Lucarelli non consiglio di tornare..."
Il momento che sta vivendo il Livorno è ormai sotto gli occhi di tutti, ne abbiamo parlato anche poco fa: c'è da chiarire la posizione del Club Manager Luca Mazzoni, che per la seconda volta ha minacciato l'addio al club senza poi realmente procedere, e soprattutto quella di mister Alessandro Formisano, che da tempo ormai è in discussione e sembra ora arrivato al capolinea.
Del drammatico momento sportivo dei labronici, nel corso della diretta mattutina di A Tutta C, il format di TMW Radio interamente dedicato al mondo della Serie C, ha parlato un grande ex del club, Elio Signorelli: "A vedere quella che è la situazione del Livorno mi sono venuti un po’ i brividi. Ho lavorato 15 anni in quella città, un'esperienza magnifica, che ti coinvolge, perché li si sente davvero il calcio, le pressioni giuste: un’emozione incredibile. E sentire parlare di Luca (Mazzoni, ndr), che è stato un mio giocatore fin da bambino, e sapere che vorrebbe dare le dimissioni, mi colpisce. Poi sicuramente ci ripenserà, perché il cuore amaranto lo spingerà a tentare ancora di salvare le sorti di questa società, ma il momento è duro. Credo però che ne usciranno".
Il problema in questi casi non è mai solo l’allenatore. Se non si credeva più in Formisano, perché non si è deciso di cambiare prima?
"Nel calcio, spesso, ci si lascia condizionare dai risultati, magari vinci una partita e la discussione si chiude, poi pareggi e torna tutto in bilico. Purtroppo manca equilibrio, non c’è una valutazione reale del lavoro sul campo, e spesso non si ha la forza di prendersi le proprie responsabilità come società. Bisognerebbe chiedersi: abbiamo fatto tutto per mettere il mister Formisano nelle condizioni di lavorare al meglio? La squadra è stata costruita nel modo giusto per una piazza importante come Livorno? Domande che raramente ci si pone dentro i club. È sempre più semplice mettere in discussione l’allenatore piuttosto che valutare l’operato della proprietà, del Dg o del Ds. E questo vale per tutto il calcio, non solo per Livorno".
Si parla anche di un possibile ritorno di Cristiano Lucarelli in panchina, con anche investitori che entrerebbero nel club. Secondo lei, una figura come quella di Lucarelli potrebbe davvero essere utile al Livorno? Perché a volte le bandiere, reinserite in un contesto diverso, non riescono a ripetere i successi del passato.
"Cristiano occupa un posto speciale nel mio cuore, gli sono molto legato, ma non so se gli consiglierei di andare a Livorno in questo momento. Non perché non sia all’altezza, ma perché mi sembra che gran parte della tifoseria non vedrebbe di buon grado il suo arrivo, e non per colpa sua, ma perché lo legherebbe a questa proprietà che non piace. Chi oggi si schiera con questa proprietà rischia di essere messo in discussione. A meno che, come dicevi tu, Cristiano non abbia un asso nella manica: se, a esempio, portasse con sé un Dg di fiducia e la proprietà accettasse una collaborazione, allora sì, si potrebbe costruire qualcosa. Ma da quanto sento, il presidente attuale non sembra intenzionato a fare passi indietro".
Tra l’altro, si è accennato anche all’importanza di un Dg e, più in generale, di un organigramma societario solido. Il Livorno di oggi sembra molto leggero anche da questo punto di vista: e le difficoltà nascono spesso fuori dal rettangolo di gioco...
"Hai centrato il punto. Nel calcio, a livello nazionale, non si dà abbastanza importanza all’organizzazione, e nemmeno alle strutture: ci sono società che cambiano campo d’allenamento ogni settimana, con conseguenti infortuni, giusto per fare un esempio. Senza una struttura propria è difficile lavorare da professionisti, e lo stesso vale per l'aspetto dirigenziale: già a inizio stagione molti colleghi mi chiedevano a chi dovessero rivolgersi a Livorno, perché non era chiaro chi fosse il referente. Non si capiva bene il ruolo di Luca Mazzoni o quello di Alessandro Doga. Ecco perché, se Lucarelli dovesse tornare e la proprietà accettasse una collaborazione, io inizierei prima di tutto a sistemare la società, poi penserei al campo. Anche se la classifica non permette di dormire sonni tranquilli, un equilibrio tra campo e struttura è fondamentale".
Ha accennato anche alla figura di Alessandro Doga: da quando ha lasciato il settore giovanile per passare in prima squadra, c'è stato un disastro anche nelle giovanili, con parte delle stesse in sciopero.
"Conoscendo il direttore Doga, finché era nel settore giovanile chiedeva e otteneva garanzie, e così il lavoro procedeva. È vero però che passando dai dilettanti ai professionisti, i costi aumentano notevolmente e le difficoltà per la proprietà, dunque, crescono. Tuttavia, chi acquista una società dovrebbe essere consapevole di questi costi. Se poi la proprietà non è in grado di sostenere certi impegni, dovrebbe avere il buon senso di fare un passo indietro".











