Michelangelo Rampulla: il portiere col vizio del gol. E con la Juve nel cuore


Ci vuole talento per rimanere nella storia. E Michelangelo Rampulla ne aveva. E non solo in porta, dove tutte le domeniche giocava, anche in attacco. Sì perché è stato il primo portiere a realizzare un gol su azione nel campionato italiano di Serie A: accadde nella stagione 1991-1992, contro l'Atalanta, all'epoca in cui difendeva i pali della Cremonese. Da allora è entrato nella leggenda del calcio italiano. E oggi racconta la sua vita sul rettangolo di gioco a Storie di Calcio, trasmissione di TMW Radio.
"Nella vita ho sempre affrontato tutto con un sorriso, perché con questo, con una parola buona, si possa vivere una vita migliore - ha detto Rampulla -. E così anche il calcio, che ho preso sempre con un gioco. Iniziai a 12 anni e ho sempre affrontato il calcio con un sorriso. Vengo da un paese piccolo di 300 persone, il calcio professionistico, quello di Serie A, era praticamente un sogno da quelle parti. Devo ringraziare mio padre che ha sempre creduto in me. Era un grande appassionato di calcio, ma ci ha sempre creduto. Da ragazzino pensavo di diventare un calciatore, sognavo di giocare a San Siro, all'Olimpico, al San Paolo, poi è successo e posso dire di essere stato fortunato. Senza calcio, mi sarebbe piaciuto però fare l'ingegnere".
Gli esordi nella Pattese, squadra del suo paese, poi nel 1980, grazie a Beppe Marotta, il passaggio al Varese in Serie B, dove per una serie di circostanze si ritrovò titolare dopo appena due partite. E ha confessato: "Vorrei rivivere proprio tutti i momenti iniziali, il mio esordio in un campionato professionistico a Varese, in Serie B, perché giocai contro il Milan. Fu una cosa eccezionale". Dopo tre anni in Lombardia, Rampulla venne ceduto al Cesena, squadra nella quale riuscì a imporsi spesso come titolare e a disputare 73 incontri in tre stagioni di campionato, tutte in Serie B. Nel 1985, dopo aver sfiorato l'opportunità di rimpiazzare Luciano Castellini, appena ritiratosi, nella porta del Napoli, Rampulla si accasò alla Cremonese. Qui una carriera durata fino al 1992, E proprio nell'ultimo anno il momento più importante della sua carriera: il 23 febbraio 1992 a Bergamo contro l'Atalanta, Rampulla segnò di testa al 2' di recupero, sugli sviluppi di un calcio di punizione, il gol che pareggiò l'incontro. Solo altri due portieri dopo riuscirono nell'imprese in Serie A, Massimo Taibi nel 2001 e Alberto Brignoli nel 2017. Un ricordo ancora oggi vivo: "Era un po' che ci pensavo ad andare avanti e tentare di fare un gol. Non so cosa successe in realtà. Avevo visto Pagliuca che qualche settimana prima aveva fatto un colpo di testa in un Samp-Torino e prese il palo, e allora decisi di fare lo stesso. Si presentò l'occasione, quella della disperazione per ottenere il pari, ero a metà campo e mi proiettai in area avversaria, anche se il mister non voleva. Un difensore però mi disse di andare e che sarebbe rimasto lui dietro. Entrai in area, mi immaginavo di fare un colpo di testa ma non sapevo in realtà come fare. Fu una cosa istintiva, e segnai in quella mischia. Fu incredibile. E quando sentii mio padre mi disse 'Ma che hai combinato!?'".
Poi il passaggio alla Juventus, la squadra del cuore: "Papà è sempre stato un grande tifoso bianconero, sono cresciuto con quei colori - ha ammesso Rampulla -. Sono cresciuto nel mito di tanti portieri, perché mio padre era appassionato di portieri ed è lui che mi ha portato su quella strada. Come tutti volevo essere un attaccante, giocavo di nascosto da mio padre come attaccante, ma poi sono diventato portiere, perché lui mi allenava per questo. Sono cresciuto nel mito soprattutto di Zoff e di Anastasi. Il giorno che ho firmato per la Juve? Era molto contento. Non ha fatto grandi feste, ma come la prima volta che andai a fare il provino col Varese con Marotta. Quella volta mi disse 'Ti hanno preso? Lo sapevo'. Ma era poco propenso a manifestare il proprio entusiasmo, ma sono sicuro che fosse contentissimo".
E sempre sulla sua esperienza in bianconero, durata fino al 2002 sul campo ma protrattasi poi anche dopo come allenatore nelle giovanili, ha detto: "Fu una grande emozione, soprattutto la prima da titolare a Cagliari, al fianco di Roberto Baggio. Me la sono vissuta tutta quella sfida, ma anche gli anni successivi. Il ricordo più bello è il primo Scudetto nel 1995 contro il Parma, fu una baraonda incredibile nel post, ma mi ricordo perfettamente quella sfida. Me la sono goduta tutta, fino in fondo. Era il sogno di un bambino tifoso. Fu il massimo". Ma ha voluto anche ricordare Gianluca Vialli: "Ci conoscemmo nel 1981 con l'U21, ci siamo sempre guardati con grande stima e amicizia. Poi mi ricordo l'ultima mia partita con la Cremonese, giocavamo a Marassi, lui con la Samp, nel sottopassaggio ci siamo abbracciati e mi disse 'Vado alla Juve, vuoi venire con me? Allora ci metto una buona parola'. E alla fine andai anche io in realtà".
Ma ha anche ricordato l'episodio di Perugia nel 2000 che costò uno scudetto ai bianconeri: "Non si doveva giocare. Non puoi aspettare più di un ora negli spogliatoi. Dopo 15' si doveva dire no. Noi volevamo giocare, ma ero accanto a Collina. Quel campo aveva più acqua che erba. La buttammo noi, perché ci mangiammo 4 gol. Loro giocarono con più leggerezza. Noi avevamo più pressione e in quei frangenti abbiamo avuto paura di vincere, come la ebbe l'Inter nel 2002 all'ultima con la Lazio".
Infine un pensiero agli allenatori che ha più nel cuore: "Penso sempre a Fascetti e Lippi, tutti e due di Viareggio. Il primo ha creduto in me a 17 e mi fece esordire contro il Milan, una cosa impensabile all'epoca. Non me lo disse lui che avrei giocato titolare, me lo fece dire dall'allenatore dei portieri. Marcello è il mister, lo chiamo ancora così. Ho fatto 6 anni straordinari con lui, grandi successi, anche delle delusioni, ma ci stà. Per sei anni poi sono stato suo collaboratore in Cina, quindi ho un rapporto particolare con lui".
