Fiorentina impaurita o strutturalmente debole?
Un altro (tranquillo) week-end di paura, e il riferimento cinematografico è soltanto casuale.
Perché il timore in questione è la costante della stagione viola, dei calciatori della Fiorentina, il fulcro dei problemi della squadra come ha confessato Vanoli sabato al termine della gara con il Sassuolo. “Ma quanta paura abbiamo?” ha detto l’allenatore a fine partita, certificazione a una psicopatologia che continua imperterrita a colpire i giocatori in maglia viola.
Se non fosse che ora, dopo 14 gare di campionato senza una vittoria, e dopo l’ennesima prestazione dalle mille sfaccettature (negative) sarebbe più da domandarsi “ma quanta paura FA la Fiorentina a chi le vuol bene?”
Dalla statistica alla matematica
La prima delle 5 sfide che avrebbero dovuto rappresentare una nuova stagione per la Fiorentina è stata persa malamente. Com’era avvenuto contro l’AEK Atene e, almeno nei risultati, com’è successo con l’Atalanta. Mentre ieri il tecnico porta a casa la terza sconfitta in 5 partite, con 2 pareggi in apertura, la squadra in campo è nuovamente scollata, svagata, così divisa da squagliarsi dopo le discussioni su chi calcia un rigore gentilmente regalato dagli avversari. Il resto è storia nota, incluso l’intervento di Gudmundsson le cui spiegazioni della vicenda smentiscono la ricostruzione, in sala stampa, dell’allenatore. In uno scenario di queste proporzioni la classifica sfida la statistica, avvicinandosi a una matematica retrocessione che nessuno vuole considerare ma che, di questo passo, rischia di palesarsi con terrificante anticipo. E questo sì che fa paura, ancora di più che veder giocare Dodò, Kean e compagni.
“Vietato retrocedere”
Insomma a raccontare tutto quel che sta accadendo in casa viola si correrebbe il rischio di passare per esagerati, eppure è tutto vero (giorno libero concesso oggi chiaramente incluso). In avvio di una settimana in cui la Fiorentina scenderà in campo due volte al Franchi, giovedì con la Dinamo Kiev e domenica con il Verona, vien da domandarsi chi e come può intervenire su un naufragio che i primi protagonisti, coloro che vanno il campo, fanno credere sia del tutto inevitabile. Fermo restando che - dal campo alla società - quanto deciso all’indomani delle dimissioni di Pradè, cioè la promozione di Goretti e la conferma del dg che era già parte integrante della squadra dirigenziale dell’anno precedente (come asserito dal diretto interessato in conferenza stampa) non ha certo regalato grandi inversioni di tendenza. Insomma il “vietato retrocedere” citato da Goretti a Reggio Emilia andrebbe spiegato meglio negli spogliatoi più che sbandierato, trasmesso a chi non sta facendo niente per evitare il peggio, perché dopo quasi 4 mesi di caduta libera la sensazione che nessuno dei calciatori l’abbia compreso è sempre più forte.
Mancanza di competenze
Sotto questo profilo pure il silenzio della proprietà non fa altro che preoccupare, almeno quanto la classifica e le prospettive. E soprattutto testimonia uno sbando generale cui solo l’arrivo di una figura esterna potrebbe porre rimedio. Una sorta di commissariamento che già abbiamo invocato su queste pagine e che altro non sarebbe che l’inserimento di competenze nuove, le stesse che evidentemente sono sempre mancate in società. Dove oggi più che mai si osserva un’enorme difficoltà nel guidare un gruppo sportivo dentro il quale l’allenatore non è ancora entrato nella testa di calciatori, e dove quest’ultimi dimostrano di avere a cuore tutto fuorché il futuro sportivo dei colori che dovrebbero difendere e onorare.











