Inter, Bastoni: "Dal difensore ci si aspetta che difenda e basta. Non è il mio caso"
Alessandro Bastoni ha raccontato in una lunga intervista a Rivista Undici la trasformazione del ruolo del difensore moderno, spiegando che secondo lui oggi il centrale non si limita alla fase di marcatura ma contribuisce attivamente alla costruzione del gioco. "È chiaro che nell'immaginario collettivo il difensore difende e basta - ha detto il difensore dell'Inter -. Non è il mio caso, a me piace fare molto altro. È una cosa che mi viene molto naturale", ha dichiarato, aggiungendo di essersi ispirato a Toloi durante il percorso nelle giovanili dell’Atalanta e di aver lavorato fin da giovane sulla tecnica individuale.
Sul piano tattico, il difensore nerazurro ha evidenziato l’importanza del contesto e degli allenatori con cui ha lavorato, tutti abituati alla difesa a tre. "Già con Conte giocavo in questo modo, poi è diventato sempre più evidente con l'arrivo di Inzaghi in panchina e Dimarco in campo. Ci aggiungo anche Mkhitaryan in questo discorso, è fondamentale". Bastoni ha aggiunto che la sua interpretazione del ruolo è strettamente legata al contesto: "Sono schemi che ci vengono in maniera molto naturale e che con il tempo si sono elevati all'ennesima potenza. La possibilità di giocare in questo modo dipende dal contesto e dalle persone giuste".
Riguardo alle etichette di eccellenza attribuite ai difensori italiani, ha invitato alla prudenza: "Certamente sono cose che fanno piacere, ma un giorno sei fortissimo, quello dopo sei scarso. Ogni domenica devi dimostrare quello che vali". Sul piano emotivo ha invece spiegato che vive il calcio con leggerezza e passione: "Non ho mai sentito la pressione, ho sempre vissuto tutto con la gioia di fare quello che mi piace. È una dote che ho da sempre, farmi trovare pronto al momento giusto".
Giunto alla sua settima stagione nella Milano nerazzurra, l'ex Parma ha raccontato come sia passato da ragazzo emozionato a leader tecnico e caratteriale. "Quando ero arrivato avevo solo vent'anni: per me era un sogno soltanto vedere lo stemma dell'Inter sulla maglia. Non potevo avere quel tipo di personalità e leadership che invece ho adesso", ha dichiarato, ricordando l’eredità lasciata da Handanovic, D'Ambrosio e Ranocchia. Ha poi elogiato la gestione di Lautaro: "È il nostro capitano e il nostro leader, ma è molto bravo a farsi aiutare quando serve", chiarendo che anche lui e Barella danno un contributo nella crescita dei più giovani, come Pio Esposito.













