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Spalletti che fotografa Giuntoli, che si ferma, un sospiro infinito. Il racconto del giorno dell'addio

Spalletti che fotografa Giuntoli, che si ferma, un sospiro infinito. Il racconto del giorno dell'addioTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 30 maggio 2023, 07:10Serie A
di Marco Conterio

Alle ore tredici del ventinove maggio duemilaventitre, il tecnico Campione d'Italia, Luciano Spalletti, è seduto a uno dei tavoli della mensa del Centro Tecnico Federale di Coverciano. Di lì a poco prenderà il via, sotto il cielo caldo di Firenze, il premio organizzato dal Movimento Cristiano Lavoratori e Unione Stampa Sportiva Italiana nella splendida cornice del Museo del Calcio. C'è la storia del nostro pallone e chi l'ha impressa in azzurro nell'eternità di Napoli. Spalletti è vestito comodo, pasto leggero, da atleta. Sorrisi, chiacchiere, si alza, dentro sa che non è un giorno banale ma non lascia trasparire emozioni dirette sotto la bandana e lo sguardo sicuro e il volto abbronzato. Uomini certi, sguardi imperturbabili.

Napoli mille colori
Alle ore quindici la sala centrale del Museo del Calcio di Coverciano è gremita di premiati in attesa. Dirigenti, direttori, presidenti, calciatori. C'è molto del meglio che il nostro campionato ha espresso e nella prima fila, completo grigio, mocassino nero, sicurezza del presente e ancora qualche incertezza sul domani, c'è Cristiano Giuntoli. Entra Luciano Spalletti, stavolta ha un completo blu e cravatta azzurra, Napoli mille colori ma uno in particolare. Saluta tutti, e tutti lo salutano, un po' perché è a due passi dalla sua casa a Certaldo, un po' perché c'è tanta della sua città adottiva a Coverciano e allora ben entrato, eroe d'un popolo intero. Uomini forti, popolo grato.

Il feeling con Giuntoli
Alle ore quindici e venti la cerimonia inizia e Spalletti si siede di fianco a Giuntoli. Il feeling che hanno nelle battute, negli sguardi, nel non detto, è quello di due persone che si stimano, che si ammirano, che hanno avuto piacere, godimento, onore nel lavorare l'uno al fianco dell'altro. Quando tocca al direttore salire sul palco, dietro al leggio, a rispondere alle domande, a ringraziare per le celebrazioni, Spalletti prende in mano il cellulare e lo fotografa. Gli fa un video. Vuole che quell'istante sia tutto loro, in una piccola eterna memoria privata. Giuntoli si lancia in un elogio sperticato del suo allenatore, che a testa bassa, col sorriso stretto tra i denti, cerca di celare le emozioni. Dentro, il fuoco. Fuori, apparente imbarazzo. Uomini forti, momenti fragili.

A ruota libera
Alle ore sedici, Spalletti sa che di lì a poco starà a lui. Tra le mani ha un foglio, scritto a penna. Giuntoli lo guarda, guarda il foglio, gli sguardi s'incrociano e il non detto è rotto da un sorriso. 'Lo leggi tutto?'. Non risponde, dentro le emozioni crescono. Poi l'applauso. Prima il video, ma prima ancora l'applauso, poi un altro, poi uno ancora. Spalletti prende il microfono in mano e pur con tutta l'aria che ha nel cuore, nei polmoni e nell'anima, non sgancia la giacca. Cerca un appiglio per non farsi travolgere dalle emozioni, ma le prime parole sono rotte, tremanti. Poi parte. Senza legger neanche una riga, ma di cuore e istinto. "A volte per troppo amore ci si lascia. Quando si ha davanti una città come Napoli bisogna chiedersi se si è in grado di dare ciò che merita. E non sono le cose normali che questa città si merita. Napoli ha visto il calciatore più forte del mondo e allenatori fra i più forti del Mondo come Sarri, Ancelotti, Gattuso e Benitez hanno lasciato qualcosa a cui abbiamo attecchito. Mi rendo conto che il prossimo anno non sono in grado di garantire tutto questo. Ho bisogno di stare con Matilde, di 'allenare' Matilde che è la mia figlia più piccola con la quale sono stato pochissimo. E in più sono stanco e ho bisogno di riposarmi". Uomini forti, animo stanco.

Uomini forti, destini forti
Alle ore sedici e trenta, Spalletti sta per terminare il suo discorso. "Non so cosa voglia dire 'anno sabbatico', io so che ho detto al presidente che sarei stato fermo un anno. Senza allenare il Napoli e nessuna altra squadra". Il resto è storia, gloria, il racconto della meravigliosa cavalcata che resterà nell'eternità di Napoli e del pallone italiano. Gli sguardi d'intesa con Giuntoli, l'animo leggero. Finisce l'intervento tra gli applausi scroscianti, poi sarà il tempo delle foto, degli abbracci, ma prima si prende un momento tutto per se. Appoggia i premi, le buste, le targhe sulla sedia e fissa un punto lontano, nel vuoto, in basso. I suoi stivali immaginari, la sua campagna che presto riabbraccerà. E sospira. Uno, lungo, intenso. Eterno, come il capolavoro napoletano suo e di Giuntoli. Che si abbracciano. Uomini forti, destini forti.

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