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Clotet: "Pentito di aver accettato la Triestina, la società faceva promesse a tutti"

Clotet: "Pentito di aver accettato la Triestina, la società faceva promesse a tutti"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico Serra
Oggi alle 20:19Serie B
di Daniel Uccellieri
fonte Da Palermo, Alessio Alaimo

Pep Clotet, tecnico che in carriera ha allenato Triestina, Brescia e SPAL fra le altre, è intervenuto nel corso del Palermo Football Meeting a “La Braciera in Villa”, evento organizzato da Conference403 con il patrocinio dell’ARS e del Comune di Palermo.

L'ultimo anno è stato particolare, con crisi e difficoltà sia societarie sia sportive. Ti sei pentito di aver accettato la chiamata della Triestina?
"Sì, perché l’ultimo giorno è stato davvero complicato. Mi avevano detto che sarebbero arrivati uno dei due direttori con cui dovevo lavorare, ma alla fine non è arrivato nessuno. Per un allenatore è molto difficile lavorare senza direttore: quasi impossibile, soprattutto in Italia. La proprietà faceva promesse non solo a noi, ma anche ai calciatori, quindi non si riusciva a stabilire un rapporto di lavoro chiaro. Alla fine, quando non è arrivato il direttore, ho deciso di fermarmi perché non aveva più senso. È un peccato, perché la città e la società lo meritano. Triestina è una piazza bellissima, ma io ho trovato una realtà diversa. Tuttavia, sono contento che siano riusciti a iscriversi in C: aspettiamo il meglio perché i tifosi lo meritano".

Sei stato protagonista di un episodio particolare con Krollis: cosa è successo?
"Ho parlato con la squadra, perché prima del mio arrivo un altro calciatore aveva avuto un comportamento simile. Era un periodo difficile per tutti nella società, e ho voluto sottolineare che dobbiamo concentrarci solo sulla squadra, competere, rimanere in campo e lottare. La mia è stata una reazione per il bene della squadra e per far capire ai tifosi quanto ci teniamo. Ci tengo a precisare che era solo una questione di passione. Io voglio continuare a fare calcio.

A Birmingham hai avuto l’occasione di lavorare con Jude Birmingham, stella del Real Madrid. Che ricordi hai di lui?
"Quando ero a Birmingham, all’inizio della mia esperienza di tre anni e mezzo, osservavo molto il settore giovanile. Jude era un ragazzo di un livello superiore: non solo giocava bene, ma aveva un calcio diverso dagli altri, più qualità e visione. Alla fine della stagione, quando dovevamo fare un ritiro in Portogallo, gli ho detto che sarebbe venuto con noi. Aveva 15 anni e ha fatto un ritiro di alto livello, competendo con i professionisti e dimostrando prestazioni importanti. Successivamente, abbiamo cercato il modo migliore per inserirlo in squadra. Ricordo una partita di Coppa contro lo Stoke: eravamo in svantaggio 1-0, un esterno importante si era infortunato, e il mio vice ha pensato di far entrare Jude. Era il momento giusto. È entrato al 75° minuto, ha segnato il primo gol, ha fatto assist per il secondo e ha ribaltato la partita. Aveva 16 anni e, nonostante la sua giovane età, i compagni più esperti lo hanno accettato subito: hanno capito che era pronto. Da lì ha continuato a fare prestazioni di altissimo livello. Come allenatore, a volte è difficile accorgersi dei talenti così giovani, ma se la squadra li supporta e le prestazioni lo confermano, bisogna andare avanti".

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