La finale della Champions League africana è un caso: l'Al-Ahly fa ricorso al TAS
La finale di Champions League africana diventa un vero e proprio caso diplomatico fra Marocco ed Egitto. A contendersi il trofeo saranno l'Al Ahly, formazione del Cairo che ha vinto dieci volte la competizione, e il Wydad, squadra di Casablanca due volte campione d'Africa. A far discutere è la sede della finale, in programma il 30 maggio.
Si gioca in Marocco. E la decisione è arrivata molto tardi. Il 9 maggio, a cavallo tra le gare di andata e ritorno delle semifinali, la CAF - equivalente africano della UEFA - ha infatti reso noto che, a seguito del ritiro della proposta formulata dalla federcalcio senegalese, la partita si sarebbe giocata per il secondo anno consecutivo proprio a Casablanca, al Mohammed V, impianto di casa del Wydad. Tempistica e decisione hanno fatto subito scattare la protesta dell'Al Ahly, che ha annunciato di essersi appellato al TAS di Losanna, rendendo comunque noto che avrebbe giocato la finale a prescindere dall'esito del ricorso.
La CAF sposta la sede a Rabat, ma basterà? A seguito delle polemiche, la confederazione africana - proprio oggi - ha spostato la sede, da Casablanca allo stadio Prince Moulay-Abdellah di Rabat. Sempre in Marocco, appunto: proprio per questo, la decisione non è stata sufficiente a spegnere le polemiche dei tifosi egiziani. Molti dei quali, nonostante i rapporti storicamente buoni tra i due Paesi, si chiedono perché, non essendo stata decisa all'inizio della competizione, la finale non venga assegnata a una nazione terza, come per esempio Sud Africa o Nigeria. E l'hashtag #StopCafCorruption, attraverso il quale si arriva a ipotizzare addirittura un ruolo della FIFA nella vicenda, ha iniziato a spopolare sui social network egiziani.