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Ciccio Graziani compie 73 anni: "Agroppi un fratello maggiore. Gattuso mi piace"

Ciccio Graziani compie 73 anni: "Agroppi un fratello maggiore. Gattuso mi piace"TUTTO mercato WEB
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Ivan Cardia
Oggi alle 11:32Serie A
Ivan Cardia

“La Nazionale mi piace. Credo che Gattuso abbia riportato il senso di appartenenza, mi dà l’impressione che sia un fratello maggiore per i giocatori. Ha coraggio, carattere e personalità. E li trasmette ai propri ragazzi”. Francesco “Ciccio” Graziani parla così del nuovo ciclo azzurro. L’ex bomber compie oggi 73 anni, ed è stato intervistato da Vivo Azzurro TV, canale ufficiale della FIGC: “Ci stiamo rivalutando molto. Abbiamo Kean e Retegui, che hanno fatto benissimo, e Pio Esposito, che sta venendo fuori e ha grande entusiasmo. Deve imparare guardando Lautaro e Thuram, stare insieme a questi grandi attaccanti gli può fare bene. E poi c’è Scamacca, degli attaccanti che abbiamo è quello che mi piace di più”.

Nel corso dell’intervista, Graziani ha ripercorso la sua vita e la sua carriera: “Ero un bambino che sognava di fare qualcosa di importante nella vita, sono partito con l’idea di fare il pilota di aerei, ma il sogno vero era quello di fare il calciatore. Quando c’erano i cross di Bruno Conti, Claudio Sala e Causio dovevo alzarmi il più in alto possibile per fare gol. Quando fai quel gesto tecnico è un po’ come volare”.

Graziani ha raccontato la sua infanzia: “Mamma faceva le pulizie in uno studio medico, papà invece era muratore. Usciva di casa alle sei di mattina per poi rientrare la sera alle otto. Essendo molto ansioso, papà non mi ha mai visto giocare a calcio, aveva paura che mi infortunassi. Una volta stava giocando a carte al bar con gli amici e gli hanno detto che avevo fatto gol, lui allora ha offerto a tutti un giro da bere. Poi una volta arrivato a casa ha scoperto che non era vero”. A sedici anni il trasferimento a Roma: “Sono andato a Roma, nel quartiere di Cinecittà, a giocare con il Bettini Quadraro. Mi sono quindi trasferito all’Arezzo e da lì ha preso il via la mia carriera, fino a portarmi dove sono poi arrivato”. A novembre 1973 l’esordio in Serie A:: “Il Torino è stato il club ideale, ho trovato un gruppo di compagni meravigliosi. Agroppi? È stato un fratello maggiore per me. Ad Arezzo guadagnavo 250 mila lire al mese, al Torino mi davano un milione. Erano un sacco di soldi. Un giorno passai davanti ad una concessionaria di macchine e vidi una Porsche, costava cinque milioni. La comprai. Quando la vide, Agroppi mi disse che non avevo ancora esordito in Serie A e non potevo andare in giro con una macchina del genere. Mi accompagnò a riconsegnarla al concessionario e mi fece dare una Cinquecento”.

Storica, in maglia granata, la coppia formata con Paolo Pulici, i gemelli del gol: “In otto campionati ne abbiamo segnati 200. Ci bastava uno sguardo, non parlavamo mai in campo. Credo non ci sia mai stata una coppia così prolifica nel calcio italiano”. Poi la Fiorentina (“Un’esperienza breve ma molto bella, mi hanno accolto bene e ho avuto un allenatore straordinario come Giancarlo De Sisti”), per chiudere con la Roma e gli errori dal dischetto in finale di Coppa dei Campioni: “Il rammarico che ho è che con quella squadra avremmo dovuto vincere molto di più. Abbiamo vinto solo due Coppe Italia, siamo arrivati secondi due volte in Serie A e abbiamo perso una finale di Coppa dei Campioni ai calci di rigore proprio a Roma, dove io e Conti siamo stati testimoni in negativo di quella partita”.

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