Gravina esclude le dimissioni se l'Italia non va ai Mondiali. E cosa può succedere di peggio?
"Dimissioni senza Mondiali? Non c'è nessuna norma che lo dice". Ieri le parole di Gabriele Gravina hanno escluso un possibile addio se non dovesse arrivare la terza qualificazione di fila al Mondiale. "È un destino che viene più cercato all'esterno della Federazione, se ne era già parlato dopo la Svizzera. C’è un principio di democrazia nelle norme federali e la risposta è arrivata con un 98,7% dei voti. C’è poi una scelta di responsabilità personale, ma questo mi sembra fuori luogo. Io sono ottimista, credo che andremo ai Mondiali”.
Vero, è una democrazia. Però non si può fare sport come politica. Perché sfortunatamente (o fortunatamente) nello sport c'è il risultato e se l'Italia non ha giovani, ha un campionato da top 5 ma non di più, i giocatori italiani sembrano quasi colpiti da una sorta di rito voodoo ogni volta che scendono in campo, evidentemente di qualcuno sarà la colpa. E se qualcosa non funziona altrettanto evidentemente qualcuno dovrà pagare: con Tavecchio era arrivata una dimissione quasi forzata, Gravina ha avuto la forza di vincere un Europeo e per questo si è salvato dalla prima ondata di indignazione. Alla seconda sarebbe davvero difficile.
Lo sport non è politica. Non si può rimanere attaccati alla sedia quando il tuo movimento va a rotoli e tu sei il principale responsabile, lautamente pagato per far funzionare le cose. Il calcio è terribile da questo punto di vista, ma è da 5 anni che l'Italia va male. Gravina è lì da 8: in caso bisognerebbe pensare davvero se è meglio rimanere incollati alla poltrona in caso di ennesimo fallimento.













