Insulti alla madre di Hermoso, Folorunsho da rosso (anche con il VAR). Ma la prova TV è improbabile
Michael Folorunsho si è scusato, ma il video della sua lite con Mario Hermoso ha fatto il giro dei social. Il centrocampista del Cagliari, nella partita di ieri con la Roma, ne ha dette di ogni al difensore spagnolo, in circa dieci secondi di pura follia verbale: “Tua madre fa i b…, quella t… di tua madre deve morire”. Espressioni che, però, non hanno portato ad alcun provvedimento da parte dell’arbitro in campo.
Era da rosso diretto. Partiamo da quello che avrebbe potuto e dovuto fare l'arbitro: espellere il centrocampista dei sardi. Da regolamento, rientra infatti tra i casi da espulsione “usare un linguaggio o agire in modo offensivo, ingiurioso o minaccioso”. Di conseguenza, se il direttore di gara, Luca Zufferli, non ha visto l’episodio, sarebbe potuto intervenire il VAR: il protocollo cita infatti “una potenziale infrazione da espulsione relativa a condotta violenta, all’atto di sputare, mordere o all’agire in modo estremamente offensivo e/o ingiurioso” come ipotesi di revisione. C’è di più: la revisione, in questi casi, è possibile anche se il gioco è nel frattempo ripreso, proprio per la gravità dell’accaduto.
Folorunsho sarà squalificato? Il primo step sarà il Giudice Sportivo, atteso per domani: è molto improbabile, però, che qualcosa sia finito a referto, proprio perché - se l’avesse visto - Zufferli (o il VAR) sarebbe dovuto intervenire. Di conseguenza, tutto sarebbe rimesso a un eventuale supplemento di indagine (passaggio tecnico necessario ad acquisire i video disponibili un po’ ovunque) demandato dalla Procura federale (che ha tempo fino alle 16 di domani per attivarsi, essendo oggi, 8 dicembre, giorno festivo). Di fatto, si tratterebbe di ricorrere alla prova TV, che dall’arrivo del VAR è stata usata quasi esclusivamente per i casi di bestemmia. È improbabile che accada, non tanto per una questione procedurale: l’art. 61 c. 3 del Codice di Giustizia Sportiva fa riferimento a episodi “non visti dall’arbitro o dal VAR”. Come in questo caso, dato che altrimenti sarebbero dovuti intervenire.
La questione è sostanziale: lo stesso comma ne prevede l’impiego “limitatamente ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema”. Esclusa la blasfemia, le parole del centrocampista (che non sono neanche ascrivibili a insulti razzisti o discriminatori, punibili in base all'art. 28 del Codice) non rientrano nemmeno nelle fattispecie delle condotte antisportive, che per la prova TV sono peraltro esplicitate. Quanto all’ipotesi di condotta violenta, il Codice di Giustizia Sportiva non ne prevede un elenco tassativo, ma da regolamento - essendo prevista come caso di espulsione alla pari dell’usare un linguaggio o agire in modo offensivo, ingiurioso o minaccioso, ma in un elenco che prevede separatamente entrambe le ipotesi - non sembra poter ricomprendere degli insulti, sebbene molto gravi. È per questo che, al momento, la Procura Figc parrebbe intenzionata a non procedere.











