Orsato: "Meno sceneggiate in A nei confronti degli arbitri, siamo sulla strada giusta"

Premio alla carriera per Daniele Orsato al Gran Galà del Calcio ADICOSP. L'ex fischietto ha rilasciato alcune dichiarazioni ai cronisti presenti, queste le sue parole raccolte da TMW: "Sonp orgoglioso di tutto quello che ho fatto. È ovvio che adesso i premi mi li danno perché sono vecchio, sono in pensione, quando ero in campo i premi non arrivavano. Scherzi a parte sono orgoglioso soprattutto per la mia famiglia. È stato il fulcro della mia forza, è stata la mia famiglia, quindi lo dedico a mia moglie Laura e ai miei figli Gabriel e William.
Adesso ha un ruolo molto importante all'interno anche dell'AIA, quello di cercare talento tra i giovani arbitri- È un compito forse più difficile che arbitrare in Serie A oppure una finale di Champions?
"D'accordissimo, è molto più difficile. L'arbitro dentro di me è morto, ma è morto nel senso che quando sono tornato a casa dall'ultima partita dell'Europeo dissi 'ok io l'arbitro l'ho fatto, che l'abbia fatto bene o male non importa però l'ho fatto adesso devo far arbitrare gli altri' e quindi non cerco Orsato nei ragazzi quando vado nei campi a vederli, cerco però di portare la mentalità che mi è stata insegnata quando io ero ragazzino da Claudio Pieri a Maurizio Mattei fino a Pierluigi Collina che è stato il mio maestro principale".
Che cosa manca oggi a questi giovani arbitri per arrivare ai livelli di quella generazione di cui ha fatto parte lei, Rocchi, Rizzoli e tanti altri, che hanno segnato un'epoca arbitrale molto importante?
"Probabilmente io sono stato fortunato, la mia generazione è stata fortunata perché abbiamo avuto dei grandi maestri come Braschi e Collina. Potrei citare anche Stefano Farina. Forse oggi a questi ragazzi giovani mancano questa schiera di dirigenti che ti ho appena detto e quindi sarà compito della sezione italiana arbitri trovarli. Abbiamo bisogno di allenatori per gli arbitri per cercare di insegnare a questi ragazzi ad andare nei terreni di gioco, fischiare e decidere senza paura".
Ripercorrendo la sua carriera da arbitro, qual è la partita che le ha dato più emozioni in assoluto?
"Sarebbe facile dire la finale di Champions League perché per un giocatore di calcio il sogno è la coppa dalle grandi orecchie e anche per l'arbitro è stato così. Io ho avuto la fortuna di arbitrarne tante, però dico la mia duecentesima in Serie A, quando entrai in campo con i miei due figli con la divisa con scritto Orsato dietro e mi ricordo il commento di Pellissier che disse 'ci bastava un Orsato, oggi ne abbiamo tre', quindi la ricordo particolarmente quella partita per la mia famiglia. Però ne ho fatte tante e sono orgoglioso".
Ha citato la finale della Champions, forse il rammarico più grande è non aver fatto una finale anche di nazionali fra Europei e Mondiale?
"Non aver fatto la finale è perché ci sono tanti arbitri forti e io vi posso garantire che sono stato in competizione con tanti arbitri forti, anche molto più giovani di me. Io sono arrivato in età avanzata a competere ad alti livelli, quindi io guardo sempre il bicchiere mezzo pieno. La mia mamma mi ha insegnato questo, quindi sono orgoglioso di questo".
Qual è la difficoltà maggiore in questo momento, in questa epoca, per un giovane arbitro?
"Io credo che voi siate testimoni di quello che sta succedendo negli ultimi mesi, queste violenze agli arbitri, che è una cosa inaccettabile. Il Presidente Zappi sta portando avanti un progetto con il Ministero per intervenire in modo che si possa smettere con questa violenza nei confronti dei ragazzi. I ragazzi devono essere liberi di andare ad arbitrare perché è uno sport. Come per i giocatori è un gioco, per gli arbitri è una passione, uno sport. Quindi che rimanga questo e che non si mettano le mani addosso agli arbitri. Sono stato rappresentante degli arbitri in attività per qualche anno e quando succedevano queste cose, durante la settimana dovevo chiamare di giovani arbitri che erano stati picchiati, vi posso assicurare che è stata ed è ancora oggi la cosa che mi fa più arrabbiare nel mondo degli arbitri. Più delle critiche che ricevevo io per un rigore non dato o qualcosa che avevo sbagliato, mi dà più fastidio questo".
La soluzione può essere, se ne è parlato anche più di una volta, far diventare l'arbitro come un pubblico ufficiale a tutti gli effetti?
"In questi giorni il Presidente Zappi incontrerà il Ministro dello Sport, incontrerà le autorità competenti per intervenire e probabilmente sul banco delle discussioni c'è anche questo paragone che potrebbe venire fatto, con l'arbitro che paragonato a un ufficiale giudiziale, però questo non ve lo so dire io, non me ne intendo, non sono del ramo".
È dura fare il designatore della Serie A per Rocchi?"
"Io credo che lavorare è difficile. Lavorare è difficile. Cioè fare il designatore degli arbitri, fare l'allenatore di una squadra, fare qualsiasi ruolo che ha responsabilità, è difficile. È ovvio che se lo fai con la passione che ci contraddistingue viene più facile. Per gli arbitri ovviamente bisogna avere un attimo di pazienza perché siamo davanti ad un cambio generazionale e bisogna anche accettare gli errori. È ovvio che oggi è più difficile però si sbaglia e si sbaglierà sempre".
Lei è sempre stato un arbitro che ha cercato il colloquio con i giocatori senza tirarsi indietro anche quando c'era da parlare con i grandi campioni. È sempre dell'idea che oggi i giocatori abbiano capito che bisognerebbe aiutare un po' di più gli arbitri?
"Io credo che il rapporto arbitri-giocatori negli ultimi anni sia migliorato tantissimo. Vedo anche questa nuova iniziativa che era stata adottata qualche anno fa in Champions League, poi portata avanti nell'ultimo europeo a cui ho partecipato, per la quale il capitano è un punto di riferimento. Mi sembra di vedere che anche nel nostro campionato queste scenate di queste aggressioni agli arbitri sono veramente calate, quindi il comportamento dei giocatori secondo me è migliorato, la responsabilità dei capitani è aumentata. Credo che siamo sulla strada giusta, io sono fiducioso".
