L'era Mancini ha sdoganato anche gli oriundi: Retegui e il talento pescato altrove

L'era di Roberto Mancini con la Nazionale italiana ha sancito non solo il ritorno degli oriundi, ma anche un vero e proprio lavoro di scouting di stranieri "azzurrabili".

Nel corso dei suoi cinque anni da selezionatore, sono stati confermati Emerson Palmieri e Jorginho e chiamati Rafael Toloi, Luiz Felipe e Joao Pedro.

La vera novità rispetto agli altri commissari tecnici è quella di aver pescato altrove l'oriundo: è il caso di Mateo Retegui, che prima della sua chiamata, avvenuta a marzo, era un giocatore sconosciuto ai più se non agli appassionati di calcio argentino. Il bomber oggi del Genoa era destinato ad essere il primo di una lista che avrebbe compreso altri giocatori, seguiti da tempo: uno di essi, Bruno Zapelli, è stato già chiamato nell'Under 21. Come con i giovani anche in questo caso Mancini è stato apripista. E come con i giovani, la chiamata di Retegui fu un appello a un calcio italiano arido di talento: "Sì, avere altri oriundi in Nazionale è una possibilità". dichiarò in merito, sottolineando come il tema oriundi in Italia sia in realtà marginale rispetto ad altri paesi europei: "Abbiamo una percentuale minima di giocatori in Serie A. Nella Svizzera 15 su 20 sono oriundi, il Belgio uguale. Francia, Germania, Inghilterra pescano tra gli oriundi. Noi fino a un tot di anni fa avevamo giocatori forti e non ne avevamo bisogno. Le altre hanno fatto così con noi, spesso ci hanno tolto giocatori che abbiamo cresciuto e lo faremo anche noi". Anche in questo caso Mancini aveva rotto gli schemi.